giovedì 17 gennaio 2013

La Fòcara e l'arte di un novolese


"Nel Tempo" di Patrizio Quarta

I numeri dell'improbabile cabala di Ugo Nespolo hanno preso fuoco, l'anno scorso era toccato ai cavalli di Mimmo Paladino. Consumazioni di un rituale che, a detta di molti (di tutti quelli sentiti), ha perso i suoi legami con il passato. Prima, le fascine della Fòcara erano dono, costruzione e gara di popolo; adesso, c'è da pagarle e la pira, mi dicono, arriva più o meno a costare 100.000 euro, solo la pira...
Che volete farci, il tempo cambia e cambiano anche i modi della devozione, del far festa. Se prima poteva bastare un pò di carne cucinata con la carbonella raccolta intorno al grande fuoco - che non aveva mira d'essere il più grande del Mediterraneo che bastava il "crederci" a farlo grande – adesso, con la bulimia pervasiva dei sistemi, c'è solo da aggiungere e allora: chi più ne ha più ne metta di "carne" a cuocere tanto, ciò che rimane, poi si può sempre buttar via...
Ho citato prima due artisti, Nespolo e Palladino, importati dalla vanità di un pensiero critico che poco ha a che fare con il territorio, un pensiero solo utile a servire chissà quali urgenze di legittimazione...
Uno di artista, un novolese, è venuto a trovarmi nei giorni scorsi, Patrizio Quarta il suo nome. Scultore, uomo forte, di passioni e di mani che sanno cesellare nella pietra forme antiche. Come un respiro, che nelle sintonie del fare, riesce a trovare assonanze con il remoto del tempo, quasi che, le figure che poi porta in vita, siano in lui dormienti, cullate dalla memoria nel suo più remoto indeternimnato. Patrizio Quarta con una sua opera - "Nel Tempo", il titolo - è ospite a Palermo della Prima Biennale Internazionale d'Arte che accoglie 814 opere di 700 artisti tra il Loggiato San Bartolomeo, il Teatro Politeama, Villa Whitaker e la Galleria "Giuseppe Sciortino" a Monreale.
Un abbraccio è "Nel Tempo", un intreccio di mani che fanno carezza e accoglimento, quello, l'unico modo, per fare il cammino, per muoversi, per sperare il futuro. Un senso lieve, sospeso, trascendente curato con personalissime tecniche che danno luce e vita ai licheni che definiscono il piccolo "plastico" 30x28x15 cm, le misure.
Mi son chiesto - e ho chiesto - perchè non sia affidata l'idea della Fòcara ad artisti come Patrizio Quarta. Lui, alla domanda, s'è ritratto... in quella riservatezza tipica di certi caratteri salentini e mi dice: "Non c'è bisogno di sommare arte a ciò che è già opera! Le uniche insegne da aggiungere all'antica forma son solo quelle classiche, mi dice, quelle del Santo, l'Abate Antonio, che vengono issate sulla cima con il rito della bardatura, alla fine del lavoro che tesse le fascine e le innalza per portare il fuoco al cielo!".
Mi conforta Quarta, lui è al riparo dalle seduzioni, dalla voglia della paghetta per arrotondare la pensione delle "visioni", lui è un artista e protegge la sua arte rispettando l'arte e il suo popolo!

martedì 8 gennaio 2013

La poesia di "animalunga-Cristante"

(L'immagine di Amedeo Modigliani che illustra la copertina della raccolta di versi di Stefano Cristante, Anima lunga, edito da Besa)

Un corpo a corpo con la poesia - quella che la scrittura conosce e ha sedimentato nel corso del suo "lungo" tempo – e, «con la voce voluta» dal corpo, Stefano Cristante trova "penna" - “stupendo mascalzone” direbbe Antonio L. Verri - e vaga di traverso al senso e conta storie mischiate al ritmo dei versi.
Racconta di lui?
Non lo so, ma spesso (sempre) la poesia è questo battere che carezza la persona, la muta in suono e, quest'«Anima Lunga», quella che troviamo già in copertina nella pittura di Amedeo Modigliani e poi, in cerca, per far parola alla pagina, gli somiglia per larghezza di sapere, per il lesto divenire e poi, ancora, nel prefigurarsi delle «vite precedenti». Una voce d'attore prima che di poeta, apre il teatro al volgere della pagina.
La «rete degli inchiostri» accoglie, cattura il Mondo e lui è «molti» ed è «pochi», «a seconda delle circostanze», «del suo errare tra idoli multicefali».
Me lo figuro mentre scrive, "anima lunga-Cristante" compiaciuto della forma, del divenire certo del rigo, che suona e prende ritmo nell'andare a capo. E lo senti, leggendo, il mormorare dentro del suono, quello che le parole fanno quando son paga di fatica, quando dallo scavo vengono alla luce.
Quante parole conosce "anima lunga-Cristante", che il pianto e il ridere portano nell'assenza del manifestarsi. Lui, è stato (è), molte, moltissime cose: imbalsamatore, torero, lebroso e tant'altro prima di cadere nella culla del «vedi cara», nelle interrogazioni dell'amore, tutte materia di un poetare che è cibo per la sensibilità, per la fragilità che spintona, che ha imparato, lo stare al Mondo!
E quanto, "anima lunga", è fragile, oh, quanto!
Tanto da farsi guerriero nel «duello»: «O me o io», scrive!
E per lancia ha un penna, per farsi "Raccontatore", in cerca del proprio mondo!
Un libro complesso questa terza raccolta di versi del socilolgo veneziano-salentino edita da Besa, fatta di sezioni che sono come scansie, raccoglitori (e raccoglimento) di un sentire sempre esposto che arriva infine all'inno sommo del poeta che sa che la poesia è materia di "solitudine" e ad essa Cristante alza l'Inno: «Ci sono bambini/ che non soffrono dell'esser soli./ Costruiscono giochi imprevisti e complessi/ fanno di un albero la propria casa esclusiva/ ridono guardando muoversi gli animali/ disegnano personaggi misteriosi/ e parlano con essi.// Il senso della mia vita e della vostra vita,/ l'anima lunga,/ è il ritorno a quella grazia perduta».
Quello cerchiamo, oggi più di sempre, quel ritorno... e sappiamo che è impossibile custodirlo, ancora covarlo in noi.
Ci salva la scrittura solo lì rimane (quel ritorno), nella libertà provata chiudendo un rigo, in una canzone che continua a vibrare.

lunedì 7 gennaio 2013

Bona crianza



La voce di Enza Pagliara è voce di grande esperienza, utile ribadirlo in apertura per sottolineare l'importanza dei percorsi, delle "traversate di Mondo" che formano e creano un interprete.
Enza Pagliara quelle traversate le conosce e il suo canto, è parte del Mondo, della nostra particolarità e di tutto il resto che oltre la linea di confine si muove.
Questo "Bona crianza", prodotto dall’Associazine Culturale Unda Maris, per il ricco catalogo di Anima Mundi, è sintesi virtuosa dove, l'interprete, la cantante, incontra la maestria dei musicisti e, con loro il largo delle andature sonore nella pluralità della lingua e degli incantamenti.
Non è poco fare i nomi di Antongiulio Galeandro o di Redi Hasa, non è poco, è molto; moltissimo!
Molto è dire Gianluca Longo e Giorgio Distante e ancora Mario Grassi, Alessio Anzivino, Claudio “Cavallo” Giagnotti, Claudia De Ventura, Franco Angiulo, Giorgia Santoro: ingredienti, tutti, di una pasta dolce, pregiata, di quelle che il lievito già lo trovano avanti nel crescere... una musica densa di suggestioni e di racconti, quelli che rimangono sospesi ai suoni prima che alle parole.
Una sostanza narrativa tenuta da un concertare melodico fitto di incisi, di finiture, di fraseggi, filo portante di un disco molto suonato, perchè è la musica che sposta energia e l'energia "memoria".
Le parole, sono quelle della tradizione; le stesse, le trovi anche in quelle "nuove", scritte da Enza Pagliara, che raccontano di un'ironia, di una leggerezza arcaia capace della sopportazione d'ogni danno...
La materia della "pizzica" è in quel "danno" e nel suo superamento. Magnifica quella terra che sa far guarigione, virtù dal dolore, anche se solo nella piccola parentesi della danza.
Beata quella terra che sa levare il canto per alleviare la fatica. E' terra che sa trovare la libertà nella piega, al riparo...
E questo "Bona crianza", lo dice già dal titolo, è in quel riparo dove la cortesia detta la regola e fa accoglimento.