sabato 20 settembre 2014

Lecce 2019, chi “gufa” e chi spera



Lunedì 22 settembre, alle 18.00 nel Salone dell’ex Convento dei Teatini su Corso Vittorio Emanuele II a Lecce, si terrà un'incontro del Forum dei Sostenitori del Comitato Lecce2019. Un appuntamento molto importante in questa fase del percorso della candidatura di Lecce a Capitale Europea della Cultura nel 2019. All’incontro sarà presente il coordinatore artistico, Airan Berg che illustrerà i temi del Bid Book (il libro di offerta) finale consegnato a Roma presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo lo scorso 8 settembre.
Berg delineerà poi le prossime iniziative e gli impegni del Comitato in occasione della visita da parte della Giuria il 6 ottobre a Lecce e per l’audizione finale a Roma il 15 ottobre.
Il 17 ottobre, la data cruciale, a partire dal tardo pomeriggio dovrebbe essere comunicata la città italiana indicata dalla Giuria per il titolo di Capitale Europea della Cultura per l’anno 2019.
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Siamo in gara e ogni partita chiede un’appropriata strategia. Mantenere segreto il Bid Book è una scelta del coach e della sua squadra, una scelta che va rispettata e sostenuta, ma così non accade… Questi sono giorni di polemica: si chiede la pubblicizzazione del Bid Book… Una richiesta che ritengo fuori luogo. Una polemica pretestuosa, solo “politica” se “politica” è recitar la parte nel gioco delle parti. La candidatura di Lecce è cosa che riguarda tutti, riguarda chi fin’ora con impegno e dedizione ha lavorato in prima linea per rendere concreta questa opportunità; riguarda l’intera città che godrà dell’opportunità nel momento in cui il “sogno”, l’“utopia” potrà realizzarsi.
Cosa volete che ci sia scritto nel Bid Book finale se non quello che è già stato delineato nel primo? Il completamento e le linee guida di un progetto che più che di spettacolo in senso stretto descrive uno scenario di futuro dove la Cultura può farsi leva di un cambiamento profondo delle sorti della città. Può piacere o non piacere, ma lo ritengo un "disegno" profondamente politico... C’è chi gufa contro la candidatura? Certo sì, molti fanno spallucce quando si affronta il tema, dimostrano sufficienza e la migliore “leccesità” fa palestra di scetticismo. Ma non è certo (o non dovrebbe essere) la sinistra o Carlo Salvemini che, in quanto opposizione, dovrebbe sperare di poter in futuro governare il percorso della Capitale della Cultura. Il 2019 non è domani e presto la città sarà chiamata a rinnovare la rappresentanza di Palazzo Carafa, l’intelligenza politica richiederebbe un atteggiamento propositivo e fiducioso, visto che gli attori in gara mostrano una visione e un apertura Politica diversa da quella del solito teatrino.

lunedì 15 settembre 2014

L'olio salva l'ulivo



di Mauro Marino


C’è stato un Salento senza ulivi? Certo, c’è stato. C’è stato il Salento dell’oleastro, quello raccontato da Ovidio, nelle Metamorfosi: le villanìe, gli insulti osceni proferiti da un pastore sconcertarono le Ninfe messape, loro danzarono e l’incantesimo trasformò l’incauto in albero, frutti amari i suoi, l’asprezza del linguaggio trapassata nelle bacche dell’oleastro. Una terra di grotte, di paludi e di canne; una terra coperta di boschi, di querce; una terra selvatica. Poi, vennero i Basiliani in fuga dall’Oriente, cacciati dalla furia iconoclasta e, piano piano, con la loro opera paziente il Salento mutò la sua natura, s’è addomesticò, si fece produttivo nel nome dell’olio e del vino.
Una vocazione agricola conquistata con grande fatica. Non è facile il Salento, non è stato facile, le pietre - alzate a fare altari e menhir, a fare rifugi e muretti per chilometri e chilometri - ce lo ricordano ogni volta che il nostro distratto sguardo trova “quiete” nel paesaggio. Un suolo pietroso, aspro, arso… conquistato a fatica. Forse ancora da conquistare nella sua tenuta, bisognoso com’è di continua cura, di “manutenzione”. Non è facile il Salento, non è stato facile e non lo è ancora. Pensiamo ai grandi latifondi tenuti incolti, alla fame dei più miseri, alle lotte per il riscatto della terra e del lavoro… Quanto, è accaduto!
Oggi immaginare un Salento senza ulivi è impossibile ma l’immenso patrimonio olivicolo è in pericolo. “Fastidiosa” si chiama la Xylella. Virulenta aggiungerei anche vista la velocità con cui il batterio si diffonde sul territorio: 23mila gli ettari di uliveti colpiti, milioni le piante prese dal “morbo” - molte sono piante centenarie, alcune millenarie - un patrimonio unico, irripetibile. L’allarme – come costantemente accade – è stato colto con grave ritardo dalla responsabilità politica. Sono trascorsi almeno tre anni dai primi allerta, ed è solo grazie alla volontà e al volontarismo di alcuni se si è compreso quanto stava accadendo a quegli alberi che, pian piano, han preso a mutar colore - il verde-argento delle foglie s’è fatto bruno - presi da una sindrome di disseccamento rapido.
Adesso è allarme rosso, tutti mobilitati ad immaginare linee di difesa, aree di quarantena… Si lavora e si spera non senza contraddizioni perché, con leggerezza, si sceglie anche di espiantare centinaia e centinai di alberi per far largo al cemento, per aprir strade, per dar spazio al turismo, al business, alla rapina. Bha! C’è da rimanere basiti riflettendo su queste “scioccherie” come se l’ulivo non fosse sempre l’ulivo e ‘hai voglia’ a pensare di ripiantare… Andate a contemplare la pena dei trapianti, il dolore che suscitano in chi guarda le assurde amputazioni: gridano quegli alberi. Gridano! Si vendicano quegli alberi. Si vendica la natura…
Giorni fa qualcuno ha intravisto la possibilità di un “miracolo” nel tentare di porre rimedio al “guaio”: le acque di vegetazione - le acque reflue derivanti dalla lavorazione dell'olio di oliva, ricche di fenoli e polifenoli con spiccate proprietà antimicrobiche e battericide - sembra possano far da barriera al diffondersi del male. Se così fosse sarebbe poesia: “l’olio salva l’ulivo”. Una bella parabola, un monito per chi spera di poter speculare su questa ferita. Il problema non riguarda solo gli olivicoltori (risorsa di un’economia, la nostra, in cerca della sua particolarità) ma tutti noi. Tutti noi siamo - dobbiamo imparare a considerarci - custodi temporanei degli alberi nella consegna che il tempo ci ha dato e in quella che il tempo ci chiede per poter sperare un futuro Salento ancora abitato dagli ulivi.


Su La Gazzetta del Mezzogiorno di domenica 14 settembre 2014