lunedì 25 gennaio 2016

Novoli, storia di Patrizio, di Antonio e del Fuoco Nascosto





Dove sto io è un porto, un approdo di creativi; sarà che non ci sono molti luoghi per parlare, luoghi dove si è certi di essere ascoltati. Sarà per questo? Non so, ma dove sto io è un continuo venire di persone, inquiete e creative; persone che per agire la propria necessità espressiva e comunicativa hanno bisogno di occhi e di orecchie attente, disponibili, pronte ad accogliere e a tentare di risolvere le necessità di quel divenire che solo nell’incontro può trovare seme per farsi atto.
Oggi, mentre Adriana provava la voce con la sua nuova loop machine, mentre Corrado, in viaggio in bicicletta da Cesena, passa per un saluto prima di riprendere l’Adriatica, entra Patrizio Quarta, l’amico scultore, fine cesellatore di pietre. Lo conosco da anni. Il primo incontro con lui fu agli inizi degli anni Novanta, quando nelle grandi sale di Astragali, in via Candido a Lecce, inaugurammo con una straordinaria collettiva (Nella pianura dei sogni) l’ancora inesausta stagione salentina.
Patrizio è un fiume in piena, mi pare provato, addolorato, meglio: mi chiede attenzione.
In una cartella conserva fotografie, un depliant, articoli di giornali sui recenti festeggiamenti della Focara di Sant’Antonio Abate a Novoli, il grande evento dell’inverno salentino. Ed è proprio l’Abate il motivo del suo cruccio, l’offesa che non sopporta. Tradito da Novoli, il suo paese che non rende onore al suo lavoro e al Santo. Una scultura da lui realizzata è stata posta sul palco del Teatro Comunale, a sinistra del tavolo che ha ospitato la lectio magistralis della star che l’Amministrazione Comunale novolese ha chiamato a dar lustro alla Festa del Fuoco: Vittorio Sgarbi.
Mi astengo dai commenti, sarebbe inutile, sappiamo come si è capaci di evocare il nulla per sentirsi magnificati e il presuntuoso e verboso signore su citato è maestro nell’arte del nulla.
Felice l’Amministrazione, felici tutti. O no? No, Patrizio no! Mi racconta (da parte mia avevo già letto sul Quotidiano) della Capra (senza offesa per l’animale) salita in cattedra a rivendicare la presidenza della Fondazione novolese (il soldo – sappiamo - attrae più di ogni altra cosa il critico-animale). Ma lasciamo perdere e torniamo al racconto di Patrizio al tempo passato a concertare la presenza delle sue opere nella serata principe della kermesse, dei tira e molla con quelli che contano sul numero delle opere da mostrare, prima un certo numero, poi solo una, poi tre, poi una.
“Visto che è una la creo a tema” pensa il nostro e si mette a lavoro. Lui le pietre se le va a cercare, le sceglie cariche di tempo e di licheni, chiama il Santo ad ispirarlo, lo pensa legato al fuoco ed ecco, con il lavoro, il comparire, il farsi della forma. Un’opera antica come antiche appaiono le mani di chi l’ha realizzata. “Sant’Antonio Abate e il fuoco nascosto” è il titolo dell’opera realizzata. Un presagio! Nell’opera è previsto alle spalle del Santo, ritratto come in un’iconografia pastorale, un piccolo vano per accendere e custodire il fuoco, il simbolo della festa. Ma quel fuoco è troppo piccolo per destare l’attenzione delle autorità e del magnifico critico che pontifica, troppo piccolo per essere acceso… E tutto svanisce inghiottito dalla foga oratoria dell’illustre ospite che brucia parole a vanvera sull’arte magnificando solo se stesso e chi l’ha lautamente pagato per essere lì.

Amen! Certo l’anacoreta egiziano, Antonio, il santo del deserto, che del “porco” seppe fare a meno, saprà ancora vincere il demonio e rendere grazia all’arte, a quella umile e sublime che trova bellezza e rende bellezza nella povertà.

Nelle foto l'opera di Patrizio Quarta nel teatro di Novoli accesa quando il pubblio è uscito dalla sala