venerdì 24 ottobre 2014

Lecce, da Capitale a città d’Europa nel Mediterraneo



Direte, è un “ingenuo”, ma io amo Candido, quello ottimista di Voltaire e anche il Candido Munafò di Sciascia e con Candido dico che il problema non è di qualità o meno del Bid Book, o colpa della pioggia che ha rovinato il giorno dell’Eutopia o di Airan Berg o di chissà chi. No, candidamente penso che ciò che è mancata a Lecce 2019 è la spinta della politica, quella dei Big.
C’era per Lecce 2019 uno come l’europarlamentare di lungo corso Gianni Pittella, lucano, fratello del presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella, che sogna la Capitale della Cultura Europea per Matera da quando è giunto a Bruxelles nel 1999? No, noi non lo abbiamo avuto! E allora, è andata come è andata. E ancora, se si è potuto sperare nell’autonomia di giudizio della giurati europei, la speranza (la mia), s’è stinta quando, a quelli, si sono aggiunti gli altri di nomina governativa. Poi, mi son tornate all’orecchio le trasmissioni dedicate a Matera da Radio Rai Tre, la voce saputa di Marino Sinibaldi e tutto l’ambaradan che ne consegue e, come Candido, ho pensato: certo, Matera merita di fare la Capitale Europea della Cultura nel 2019, ma anche Lecce e il Salento l’avrebbero degnamente e magnificamente meritato, soprattutto per il grande movimento creativo qui originalmente nato che la Basilicata tutta, certo, non esprime.
Ha vinto comunque il Sud, ma c’è Sud e Sud e noi certo siamo più Sud: quello dei visionari e dei Santi, quello di Candido, degli sciocchi, dell’illusione e della festa. Ma questo, forse, è un altro discorso.
Allora, lasciamo acquietare i clamori, il "giorno dopo" pare sia lungo. Molta l'amarezza per chi ci ha creduto molta anche l'acrimonia di chi non conosce l'esercizio della critica e gode della “sconfitta” affilando "parole" in un autocompiacimento mai propositivo, mai volto al fare... Ma consumare parole non è solo di costoro c'è anche altro da tenere in conto. A questo punto, potremmo pensare di farci invece che Capitale solo e semplicemente “città europea nel Mediterraneo”.
Sedimentare l'esperienza è la chiave di ogni buon progetto, pratica non molto amata da chi è abituato al tutto e subito, al consumare idee sul mercato del “marketing culturale” che immagina i territori come merce da sfruttare per il massimo guadagno senza mai voltare gli occhi per un bilancio, per guardare lo scempio compiuto o la risorsa messa a frutto. Questa volta speriamo che accada: il Salento, Lecce ha necessità di far pausa per prendere le misure del suo "progresso" e per tracciare una mappa dei suoi reali bisogni. Ancora una volta siamo chiamati ad interrogarci sul futuro e lo stop (lo schiaffo) venuto con il “no” per il 2019 è un’opportunità per frenare, per una salutare "revisione" di un processo che, senza soste è in atto dai primi anni Novanta. Credo ce ne sia bisogno, non si può proseguire nel proporre tutto e il contrario di tutto. Armonizzare il paesaggio, la sua natura di Parco, sarebbe il compito di una politica culturale (se abbiamo considerato la cultura traino di sviluppo) che fa politica partendo dalla risorsa territoriale. Mare, campagna, centri storici, risorse creative, queste le qualità da eleggere a guida dell'espansione urbana e delle opere con cui si interviene per dare servizi e per migliorare la nostra vocazione e l’appeal geografico.
Questo non accade. La politica (ma anche le persone) spesso (sempre) son distratte, si appassionano ad un'idea ma dimenticando la coerenza, elemento fondante di qualsiasi atto creativo. Coerenza e costanza operativa occorre per proteggere ciò che oggi è a rischio, ciò che oggi si deprime forzando il futuro. Credete che la lezione (lo schiaffo) servirà per trasformate Lecce e il Salento in ciò che spera di essere? Non serve chiederselo c’è solo da lavorare.

Su La Gazzetta del Mezzogiorno di venerdì 24 ottobre 2014

martedì 7 ottobre 2014

Lecce 2019, mischiare linguaggi


Una giornata particolare
di Mauro Marino

Che si fa in teatro prima dell'allestimento di uno spettacolo? E in casa, prima dell'arrivo di un ospite, o prima di una festa? Si fa pulizia: si mettono a posto le cose, si spolvera, si lucida ciò che luccica, ciò che meglio può rappresentarci... Almeno così si usa nei teatri e nelle case che bene o male hanno traghettato in questa strampalata modernità i dettami dell'antico decoro contadino, quello capace di far bella ogni cosa sapendo cos'è la cura e la manutenzione... Concetti insperati per la nostra città che forse, dopo la "prova", possono tornare ad avere agibilità e abilità soprattutto, al di là del “bla, bla, bla” e della presunzione di chi crede di aver capito tutto e di avere la ricetta per ogni cosa anche se poi diserta, alla bisogna, ogni mansione.
Quella di lunedì 6 ottobre è stata per Lecce una giornata particolare, uno di “quei giorni lì”... La piazza sant'Oronzo ci è apparsa come sempre l'avremmo voluta vedere e come la speriamo, libera dalle auto, ma soprattutto dai plastic osi ingombri commerciali: la piazza di tutti, la piazza delle persone, la piazza degli incontri... Il rumore degli scalpelli degli allievi dell’Accademia - chiamati ad una sessione en plein air - rievoca il passato della città nei tempi in cui vedeva sorgere il barocco. Doveva essere così il concerto quotidiano con il paglierino della pietra a sporcare le strade… Una donna vestita di chicchi di caffè, una creazione dell’Accademia di Moda Calcagnile, mi riporta alla realtà e mi accompagna al Politeama trafficato da un insolito pubblico-protagonista, con il palcoscenico tutto a vista, con la musica aperta alla contaminazione dei generi. L'Orchestra della Ico si mischia alla voce di Nandu Popu e a quella delle persone che gremiscono - con in testa la coroncina del "pe(n)sa differente" - la platea e i palchi: è l'omaggio alle “origini” di questo Salento giunto - con la visita della giuria che dovrà scegliere quale sarà la Capitale Europea della Cultura nel 2019 - alla verifica del “traguardo”.
Un omaggio dovuto: a tirare il "gruppo" non è forse stato il Sud Sound System che nei primi anni Novanta ri-trovò l'orgoglio della terra e del dialetto? Non furono i sodali delle Posse di mezza Italia i primi "turisti" a godere - messi alla "Mantagnata" - delle bellezze salentine, il sole di Torre dell'Orso, allora libera e straordinaria con le "due sorelle" vogliose di raggiungere la “piccola jamaica” della pineta… Chi ha memoria lo sa, ma è meglio non divagare...
Anche il MUST è apparso diverso lunedì, anche quello oltre il confine dei generi, pieno di gente, mischia tutto: alto e basso, bello e brutto, adulti e bambini, teatro e musica, pittura e grafica e fotografia. Si sente forte la voce di Carla Guido che accompagnata da una piccola banda legge il racconto te lu Pietru Lau il protagonista de "Li canti te l'autra vita" scritto dal Capitano Black, il cavallinese Giuseppe De Dominicis, certo la voce letteraria popolare più alta e "trasgressiva" di questo Salento pieno di scrittori: "Ieu tegnu core, su chiu pietusu te Lu patreternu..." si sente… Uno, a fianco, mi confida: “Questa pioggia è stata forse un dono, ci ha fatto uniti, almeno così sembra essere da queste prime ore di lavoro insieme...”. Sospendere il giudizio non è cosa da tutti… Carla Guido continua nella sua lettura: unita, la gente, dal Purgatorio e dall'Inferno, va alla guerra. Tutti insieme alla conquista del “valore vitale”.
All'ora di colazione è un bel sentire, fosse così nella normalità, la città, il suo laboratorio sempre presente, attento, in offerta... Sarebbe lavoro, lavoro vivo... È come Pietru Lau con la sua gente sarebbe d'andare in Paradiso per chiedere il ripristino delle cose con leggi diverse, altre, oltre il consueto...
Anche Luigi Mangia, direttore della biblioteca dell'Istituto Antonacci, legge. Ha scelto nella pila di libri in braille “Pinocchio”, prende la mano di uno dei giurati che è lì appresso la poggia suoi fogli e gli dice: "Adesso leggi, continua tu!". Nella giornata la straordinaria uscita dal carcere, la prima, della Compagnia di Io ci provo diretta da Paola Leone in scena con "L'ultima cena di Alfredo Traps", un esperimento di costruzione avviato tre anni fa nella Casa Circondariale di Borgo San Nicola che giunge alla meta dello spettacolo sulle tavole di un teatro "libero".
Ecco, in questa possibilità di condividere i linguaggi sta l'utopia di Lecce 2019, in questa grande regia corale - scritta nella sceneggiatura del Bid Book - è consegnato il futuro delle pratiche creative della città. Certo i mugugni, le stoccate sono state molte, tante. I Social la palestra della nuova leccesità, lo stile demolitore che, se è comprensibile per gli antagonisti e gli anarchici comparsi nella serata di lunedì con un volantinaggio su Corso Vittorio Emanuele, non è giustificato per chi trasforma l'esercizio critico in un perenne storcere il naso mai propositivo... Ma tant'è! Accade anche questo, ed è bene che accada, in una città densa di pensiero, densa di culture e di desiderio. La chiave sarà trovare un vero nesso partecipativo, un “noi” capace di vincere anche in mancanza di una nomina ufficiale. Divenire “europea” è per Lecce il compito da svolgere per poter declinare un futuro che sia realmente tale. Un compito da svolgere comunque vada nei prossimi giorni.

La Gazzetta del Mezzogiorno di giovedì 9 ottobre 2014

giovedì 2 ottobre 2014

Lecce 2019, esercizi di partecipazione



di Mauro Marino*

Democratopia si declina nel secondo “bid book” con “Noi scegliamo”: la città sperata da Lecce 2019 diviene palestra di democrazia attiva e partecipata. Siamo ai primi esercizi e ci si accorge che il margine è stretto, scorticare le vecchie abitudini non è facile, intanto, ci si attrezza… Il Forum dei sostenitori - parte attiva nella governance del processo attuativo della candidatura, presente nella Fondazione con suoi rappresentanti nel Consiglio dei Fondatori e nel Consiglio d’Amministrazione - ad oggi unisce 202 tra enti pubblici e privati.
Un piccolo “numero”, se rapportato alla vastità del territorio coinvolto nel processo di “Reinventare Eutopia”: l’intero Salento con Brindisi; l’intera Puglia se consideriamo il supporto che la Regione dà alla candidatura e l’adesione al Forum del Comune di Bari. Necessario allora è continuare nell’opera di sensibilizzazione degli scettici e di coinvolgimento delle tante persone affezionate all'idea che questo “pezzo di Sud” possa divenire una Capitale Europea. Un processo avviato utile alla città al di là della sua designazione. Nel “bid book”, c’è un ipotesi di futuro da coltivare e far crescere a garanzia della particolarità di una terra da sempre aperta all’ascolto, all’accoglienza e al passo lungo della “pazienza”.
I prossimi sono giorni cruciali, giorni di attesa, lunedì 6 ottobre la città si trasformerà in un laboratorio, il fare riempirà le strade, questo l’invito dello staff di Lecce 2019 a cui il Forum dei Sostenitori si associa mettendo in campo la sua forza operativa. Un giorno per saggiare e verificare l’adesione della città al progetto della Candidatura. Realizzare l’obiettivo è una straordinaria opportunità per dare slancio ad un’economia ferma e per dare senso al sentimento di una comunità che negli ultimi decenni ha più volte mostrato di aver perso la mira del futuro. Una comunità che ha bisogno di crescere, di definire un senso di responsabilità, di vicinanza e di cura del Bene Comune spesso ferito dall’indifferenza e dall’incuria. L‘unità di una cultura proviene dal sistema di speranze che in essa viene delineato. “Energia” e “speranza” sono dunque il motore, il motivo dell’essere in gara. Pensare, progettare e fare devono divenire un tutt’uno per consegnare all’Europa ciò che si è promesso. L’Agenda Politica e l’Agire Civico devono trovare armonia, accordarsi per elaborare l’essere un unico “noi” e per poter porre rimedio alla “mancanza di fiducia” nelle virtù cittadine spesso sconosciute, tradite, poco valorizzate… per dare energia al processo di costruzione della Capitale della Cultura Europea. Lo scetticismo è certamente un danno e il lavoro di chi crede nella possibilità di uno sguardo altro e nuovo sulla città e sul suo territorio deve puntare  ad alleviare quel sentimento, portandolo a declinarsi al plurale. Una bella scommessa che ci chiama tutti a lavoro.

*Fondo Verri
Forum dei sostenitori di Lecce 2019

sabato 20 settembre 2014

Lecce 2019, chi “gufa” e chi spera



Lunedì 22 settembre, alle 18.00 nel Salone dell’ex Convento dei Teatini su Corso Vittorio Emanuele II a Lecce, si terrà un'incontro del Forum dei Sostenitori del Comitato Lecce2019. Un appuntamento molto importante in questa fase del percorso della candidatura di Lecce a Capitale Europea della Cultura nel 2019. All’incontro sarà presente il coordinatore artistico, Airan Berg che illustrerà i temi del Bid Book (il libro di offerta) finale consegnato a Roma presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo lo scorso 8 settembre.
Berg delineerà poi le prossime iniziative e gli impegni del Comitato in occasione della visita da parte della Giuria il 6 ottobre a Lecce e per l’audizione finale a Roma il 15 ottobre.
Il 17 ottobre, la data cruciale, a partire dal tardo pomeriggio dovrebbe essere comunicata la città italiana indicata dalla Giuria per il titolo di Capitale Europea della Cultura per l’anno 2019.
 ***
Siamo in gara e ogni partita chiede un’appropriata strategia. Mantenere segreto il Bid Book è una scelta del coach e della sua squadra, una scelta che va rispettata e sostenuta, ma così non accade… Questi sono giorni di polemica: si chiede la pubblicizzazione del Bid Book… Una richiesta che ritengo fuori luogo. Una polemica pretestuosa, solo “politica” se “politica” è recitar la parte nel gioco delle parti. La candidatura di Lecce è cosa che riguarda tutti, riguarda chi fin’ora con impegno e dedizione ha lavorato in prima linea per rendere concreta questa opportunità; riguarda l’intera città che godrà dell’opportunità nel momento in cui il “sogno”, l’“utopia” potrà realizzarsi.
Cosa volete che ci sia scritto nel Bid Book finale se non quello che è già stato delineato nel primo? Il completamento e le linee guida di un progetto che più che di spettacolo in senso stretto descrive uno scenario di futuro dove la Cultura può farsi leva di un cambiamento profondo delle sorti della città. Può piacere o non piacere, ma lo ritengo un "disegno" profondamente politico... C’è chi gufa contro la candidatura? Certo sì, molti fanno spallucce quando si affronta il tema, dimostrano sufficienza e la migliore “leccesità” fa palestra di scetticismo. Ma non è certo (o non dovrebbe essere) la sinistra o Carlo Salvemini che, in quanto opposizione, dovrebbe sperare di poter in futuro governare il percorso della Capitale della Cultura. Il 2019 non è domani e presto la città sarà chiamata a rinnovare la rappresentanza di Palazzo Carafa, l’intelligenza politica richiederebbe un atteggiamento propositivo e fiducioso, visto che gli attori in gara mostrano una visione e un apertura Politica diversa da quella del solito teatrino.

lunedì 15 settembre 2014

L'olio salva l'ulivo



di Mauro Marino


C’è stato un Salento senza ulivi? Certo, c’è stato. C’è stato il Salento dell’oleastro, quello raccontato da Ovidio, nelle Metamorfosi: le villanìe, gli insulti osceni proferiti da un pastore sconcertarono le Ninfe messape, loro danzarono e l’incantesimo trasformò l’incauto in albero, frutti amari i suoi, l’asprezza del linguaggio trapassata nelle bacche dell’oleastro. Una terra di grotte, di paludi e di canne; una terra coperta di boschi, di querce; una terra selvatica. Poi, vennero i Basiliani in fuga dall’Oriente, cacciati dalla furia iconoclasta e, piano piano, con la loro opera paziente il Salento mutò la sua natura, s’è addomesticò, si fece produttivo nel nome dell’olio e del vino.
Una vocazione agricola conquistata con grande fatica. Non è facile il Salento, non è stato facile, le pietre - alzate a fare altari e menhir, a fare rifugi e muretti per chilometri e chilometri - ce lo ricordano ogni volta che il nostro distratto sguardo trova “quiete” nel paesaggio. Un suolo pietroso, aspro, arso… conquistato a fatica. Forse ancora da conquistare nella sua tenuta, bisognoso com’è di continua cura, di “manutenzione”. Non è facile il Salento, non è stato facile e non lo è ancora. Pensiamo ai grandi latifondi tenuti incolti, alla fame dei più miseri, alle lotte per il riscatto della terra e del lavoro… Quanto, è accaduto!
Oggi immaginare un Salento senza ulivi è impossibile ma l’immenso patrimonio olivicolo è in pericolo. “Fastidiosa” si chiama la Xylella. Virulenta aggiungerei anche vista la velocità con cui il batterio si diffonde sul territorio: 23mila gli ettari di uliveti colpiti, milioni le piante prese dal “morbo” - molte sono piante centenarie, alcune millenarie - un patrimonio unico, irripetibile. L’allarme – come costantemente accade – è stato colto con grave ritardo dalla responsabilità politica. Sono trascorsi almeno tre anni dai primi allerta, ed è solo grazie alla volontà e al volontarismo di alcuni se si è compreso quanto stava accadendo a quegli alberi che, pian piano, han preso a mutar colore - il verde-argento delle foglie s’è fatto bruno - presi da una sindrome di disseccamento rapido.
Adesso è allarme rosso, tutti mobilitati ad immaginare linee di difesa, aree di quarantena… Si lavora e si spera non senza contraddizioni perché, con leggerezza, si sceglie anche di espiantare centinaia e centinai di alberi per far largo al cemento, per aprir strade, per dar spazio al turismo, al business, alla rapina. Bha! C’è da rimanere basiti riflettendo su queste “scioccherie” come se l’ulivo non fosse sempre l’ulivo e ‘hai voglia’ a pensare di ripiantare… Andate a contemplare la pena dei trapianti, il dolore che suscitano in chi guarda le assurde amputazioni: gridano quegli alberi. Gridano! Si vendicano quegli alberi. Si vendica la natura…
Giorni fa qualcuno ha intravisto la possibilità di un “miracolo” nel tentare di porre rimedio al “guaio”: le acque di vegetazione - le acque reflue derivanti dalla lavorazione dell'olio di oliva, ricche di fenoli e polifenoli con spiccate proprietà antimicrobiche e battericide - sembra possano far da barriera al diffondersi del male. Se così fosse sarebbe poesia: “l’olio salva l’ulivo”. Una bella parabola, un monito per chi spera di poter speculare su questa ferita. Il problema non riguarda solo gli olivicoltori (risorsa di un’economia, la nostra, in cerca della sua particolarità) ma tutti noi. Tutti noi siamo - dobbiamo imparare a considerarci - custodi temporanei degli alberi nella consegna che il tempo ci ha dato e in quella che il tempo ci chiede per poter sperare un futuro Salento ancora abitato dagli ulivi.


Su La Gazzetta del Mezzogiorno di domenica 14 settembre 2014