giovedì 28 agosto 2014

Cos'è uno spazio culturale



Antonio Verri in un ritratto di Edoardo De Candia e la raccolta del Pensionante de' Saraceni al FV
Mauro Marino*

Ancora ieri hanno chiesto l’uso dello spazio: “Abbiamo bisogno di un luogo per provare. Siamo un gruppo musicale acustico, non facciamo rumore. Ci basterebbero due, tre ore la mattina”. È così al Fondo Verri. Ieri, e per tre giorni, le prove di un’attrice che porta il suo lavoro in Svizzera, a sera la rassegna di cinema per raccontare di alcuni autori salentini e poi… tanto, tanto altro. Non c’è giorno che la richiesta non si rinnovi, per un incontro, per la presentazione di un libro, per la messa in opera di una mostra, per girare nel nero della sala un video o, vista la buona acustica, poter registrare il master per un nuovo cd. È normale che accada in una città come la nostra, presa ormai da anni dalla febbre creativa, dove molti s’inventano il mestiere e il desiderio espressivo trova sponde nell’arte; una città che si candida a divenire Capitale Europea della Cultura nel 2019, un processo si spera virtuoso, un’opportunità per riconsiderare le politiche culturali e sociali sin’ora messe in atto e sul passo nuovo da osare e imprimere loro se veramente si punta alla meta europea.
E’normale che ciò accada, ma ciò che non è normale è che a rispondere alla domanda di agibilità creativa sia uno spazio, che seppur attrezzato, misura pochi metri quadrati. Un buco - un’isola - dove si pratica l’ascolto e l’ospitalità, dove molte sono state le nascite, le “prime prove” di contatto con il pubblico, di artisti oggi noti, testimoni della variegata identità culturale salentina. Non c’è bisogno di fare elenchi, ne si vuole qui rivendicare alcunché, men che meno l’unicità dell’esperienza. Ciò che preme è immaginare come uno spazio dedicato alla ricerca e alle pratiche della Cultura debba oggi configurarsi alla luce del cambio di passo gestionale annunciato con l’affidamento all’Axa di Giampiero Corvaglia del Museo Catromediano, della Biblioteca Bernardini, dell’ex Convitto Palmieri e di San Francesco della Scarpa e con le visioni seminate nei laboratori del Sac Terre di Lupiae, dove la progettazione partecipata riflette sulla valorizzazione e la gestione integrata di beni ambientali e culturali esistenti e fruibili - aree protette, beni monumentali e archeologici, musei, teatri storici e biblioteche; nell’area leccese, con il capoluogo, Castrì, Cavallino, Lizzanello, Melendugno, Monteroni, Novoli, San Cesario, Squinzano, Vernole. In tutto, in Puglia - è la Regione, l’ente che promuove l’iniziativa - sono 18 i Sac, coinvolgono 187 comuni e più di 1000 partner. Si immagina che la cultura e il paesaggio possano ritornare ad essere un fattore chiave delle politiche di sviluppo territoriale. Anche noi lo auspichiamo, anche Lecce 2019 lo auspica con il suo re-inventare eutopia che è un manifesto politico più che un “cartellone di eventi culturali”. Una strategia per immaginare e soprattutto praticare la “città ideale”, quella rinascimentale con al centro l’uomo, quella oggi necessaria per ri-trovare il senso di essere città d’arte e di cultura. Città responsabile, capace. Città di spazi dedicati alla creatività e al fare dove poter crescere bellezza e coscienza civica.
Il Fondo Verri è in via Santa Maria dal 1993. Prima un Laboratorio, poi con il Piano Urban a fine anni Novanta, la dedica ad Antonio Verri per continuare la sua militanza di aggregatore culturale. Un progetto riuscito che ha tenuto fede all’impegno preso con l’Europa e con il suo ispiratore.
Lo ritengo un modello “esportabile” quello praticato: il modello dell’ascolto, dell’accogliere, del tentare manovre di valorizzazione. Un modello al riparo dalla necessità politica del dover fare clientela (così è stato per molte delle strategie messe in atto dagli Assessorati alla Cultura “padroni” dei luoghi e dei denari) e da quella economica del dovere far “cassetta” subito. Ogni processo creativo ha i suoi tempi ed uno spazio virtuoso dedicato alle pratiche di ricerca creativa deve poter essere incubatore, recinto di svezzamento, luogo di studio, di approfondimento, cantiere del primo confronto e poi trampolino, scena… Uno spazio dove ad allenarsi è anche la funzione critica, col suo guardare, col suo innestare esperienze, con lo scrivere, il documentare i processi che rendono il pensiero e il fare aderenti ai bisogni della vita… I bisogni del creatore e quelli della comunità in cui ha scelto di operare. L’esistenza di una cultura dipende interamente da ciò che potremo chiamare l’incarnazione delle idee. Ecco, uno spazio culturale è un luogo in cui il pensiero e il desiderio creativo non vagano soli, abbandonati, il pensiero e il fare si “incarnano”, sono accolti, accettati divenendo patrimonio comune – Cultura - segno condiviso dell’identità di una città, della sua molteplicità e al tempo stesso della sua unicità.

*Fondo Verri - Forum dei Sostenitori di Lecce 2019

Pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno di mercoledì 27 agosto 2014

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