venerdì 22 agosto 2014

Torre Colimena, elogio della quiete

Santa e Francesca con la loro "città ideale"


Il porto canale di Torre Colimena


di Mauro Marino

Un grande rondò verde annuncia il cambio di provincia, quella leccese valica nel tarantino e - a pochi chilometri dalla città barocca assediata - trovi la pace di un agosto senza ansia. Chissà in settembre come sarà, varrebbe la pena tornarci, i prezzi per l’affitto delle case, già bassi diventano davvero minimi.
In fondo al lungo rettilineo d’ingresso la torre ti accoglie con la lunga scala, rossa di gerani. Possente, con i suoi volumi duecenteschi, diversa dalle altre che, a vista, punteggiano il litorale, si alza in cielo e la corsa della pietra continua, oltre i merli del terrazzo, con i volumi aggiunti nei primi del Novecento. Con il “dito” del comignolo pare graffiare il cielo.
Torre Colimena e questo magnifico tratto di costa jonica non meritano alcuna ferita. Non meritano lo scarico, nel mare di Specchiarica, dei reflui del Depuratore Consortile di Sava e Manduria: «Non si capisce perché - con tutte le cose che s’inventano - non trovano soluzioni che invece di complicare facilitino la vita, promuovano la salute, il buon vivere, la felicità… Questo dovrebbero fare “scienziati e politici”….». Così esordisce la signora che presidia il manifesto del “no” esposto in pescheria. Poco fuori, la fotocopia di un articolo di giornale ricorda che a “La Culimèna” l’acqua non è potabile, la processione delle autobotti al mattino presto e al pomeriggio lo conferma. La rete idrica si ferma a pochi chilometri e l’Acquedotto Pugliese non ritiene conveniente - per pochi mesi l’anno - “servire” questi luoghi con una condotta e un  adeguato impianto. Il comune di Manduria, a quanto si legge, è insensibile al problema, il pensionato milanese qui ha comprato casa e dedica tempo ed energia alla battaglia, lo immagino in calzoncini e magliettina sulle scale del Municipio, lui il suo dovere di contribuente lo compie fino in fondo e allora perché l’Amministrazione non corrisponde alle sue aspettative di cittadino? Mistero? No, non tanto, è così che vanno le cose dove “scienza e politica” son dimentiche del quotidiano della persone e della loro salute. La bellezza è valore solo quando è da sfruttare commercialmente, non fa niente il suo sfiorire, il perderla dopo che si è “capitalizzato”. Ma questi, non son discorsi da vacanza…
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Ho scoperto di avere origini avetranesi: il nonno paterno, con i suoi baffoni ottocenteschi, visti solo in fotografia, veniva da qui, mi raccontano. Sapete com’è, il caso… La scelta di Torre Colimena, come luogo di vacanza viene da un desiderio di “ritrovarsi”. Le “ferie” dovrebbero servire a questo: riconciliarsi, riassaporare il perché di uno sguardo, la particolarità di una “pietas” pienamente partecipe del paesaggio, nel sommarsi delle abitudini che ripetono i giorni come una mantra di sole e di sale. Consuetudini che fanno semplice la vita, le persone “persone” e lo stare insieme, esercizio innocente dell’incontro.
Le vacanze covano la nostalgia, siamo al presente e dentro si muove il passato. Ciò che si è perso, torna, nascosto in quello che guardi. I ricordi si palesano come istantanee dietro un sapore, un odore, portati dal variare della luce, del vento. Dell’umore del mare.
Nella natura selvatica di Torre Colimena ritrovi la parte ancora presente di ciò che ieri era “salentino”. Quel carattere lontano dal glamour, dall’essere per forza culturale, seducente, turistico. Qui, l’agroalimentare e il chilometro zero sono al “naturale”, spontanei, non-ideologizzati. Qui, la sagra è ogni sera, annunciata dai giri della macchina con il megafono, inventata dalla pescheria, dalla macelleria, dalla gelateria,. con la musica portata “rasoterra” e lo spettacolo offerto al tavolino dalla favella e dalle mani esperte di un illusionista con i giochi mostrati ad un passo dall’omino che monta zucchero filato e dalla ruota sibilante dell’arrotino. Continua così il rito della mattina trascorsa in spiaggia dove protagonisti sono i bambini agli adulti, il compito di far gli sciocchi per farli divertire… Il mare allena il coraggio, lo vedi guardandoli, i più piccoli, si provano nella misura con le onde, con la profondità, con il sapore del sale che, a quanto pare, è di loro gusto visto il continuo assaporarlo. Un contatto diretto, cercato che certo “scienziati e politici” non considerano quando progettano, anzi quando “non progettano” e invece di portare l’acqua scaricano a mare la fogna.
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Qui, a “Torri Columèna”, la comunità la fanno i fenicotteri rosa con il loro lento pascolare nello specchio d’acqua della Salina dei Monaci; la fa l’immobilità dei gabbiani messi a “freccia”, serafici, sugli scoglietti prima di alzarsi nel loro forte volo. Le rondini di mare e quegli altri con zampette e becco lunghissimo che brucano chissà cosa pescando nell’acqua. Un mondo, una meraviglia tutta in favore della conquista della “quiete”.
Alla sera l’infilata delle porte si decora di sedie e di chiacchiere. Qui non c’è la vanità di un piano colore, tutto si accorda per eccesso. I muri di mattoni forati fanno trame decorative e si può osare con il lilla o con un giallo o un rosso messi uno accanto all’altro a segnare il bianco, l’azzurro, il celeste.
Il giovedì c’è per strada il mercato. La catasta delle merci sull'utilitaria, tutto tenuto da una corda. Riti del “monta e smonta”, la vita sfida il tempo con la routine del fare. Povere cose, vestiti usati, scarpe di plastica, detersivi. Uva, pesche, angurie, fasci di rucola, cacio cavallo. Le cianfrusaglie al banco marocchino, i teli colorati, il ciabattare e il via vai dei passeggini. Poi a sera il camion, come una grande nave, ritira le sue vele, e salpa. In un attimo anche la piccola auto scompare, carica all'inverosimile. Parola densa come la vita che tutto contiene e porta, incontro alla speranza: inverosimilmente noi siamo, ci siamo! Resistiamo, forse...
Un affusolata mano fa il verso al porta anelli, mano anche quella intagliata nel legno. Mi guarda e ride denti bianchi sulla bella faccia nero-senegalese. Era silenzioso prima, assorto nella prova con la sua merce. Com'è fugace uno sguardo. Tiene tutto il dire l'intesa di un sorriso. Sospende il senso e lo lancia nell'incontro. Cos'è cultura se non questo incrociarsi di sguardi? Se non questo camminare che scrive la sera? Prima, la processione d'una madonnina celeste accompagnata incontro al mare. Qui consegnano i desideri, le speranze, ad una teca. Sigillata la porteranno nel blu, consegnata alle onde, perché l'Assunta ferragostana ne accolga i segreti, li sveli in essenza, con la sua grazia!

su La Gazzetta del Mezzogiorno, venerdì 22 agosto 2014  


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