venerdì 18 marzo 2016

Terra rossa, terra di tutti



Dispiace che il sindaco Paolo Perrone si mostri contrario alla nascita di un nuovo luogo di socializzazione culturale nell’ex asilo “Angeli di Beslan, nel quartiere “Rudiae-Ferrovia” a Lecce. L’occupazione degli spazi non fa parte della sua cultura politica ma sarebbe opportuno allargare la visione e considerare quanto importante sia la possibilità, per le persone, di sentirsi insieme nella gestione e nell’animazione di un luogo. Fa bene a loro e fa bene alla città, cresce la consapevolezza dell’essere comunità, rompendo l’assedio della solitudine che attanaglia molti e amplia la responsabilità dei cittadini nei riguardi del “bene comune”.
In tanti anni di attività sul fonte dell’operare culturale sono convinto che la creatività e la conoscenza hanno bisogno di autonomia progettuale. Di desideri e di pratiche capaci di valorizzare le spinte individuali per mutarle in opera, in relazioni. Cose, che un’Amministrazione Comunale, con tutta la buona volontà possibile, non può garantire; cose, che solo la pluralità dell’ascolto può rendere vive. Vasta e sempre crescente è la domanda di iniziativa nell’ambito culturale e la nostra città, pur godendo oggi di numerosi contenitori, non rende visibile questo “sotteso”.
Un asilo (o qualsiasi altro luogo) abbandonato è un “bene comune”, crea disagio vederlo preda del degrado e dell’incuria; è una ferita nella vita sociale di un quartiere; un vuoto da colmare. E allora, se l’Amministrazione pubblica non è capace di porre rimedio è un dono che l’autonoma iniziativa dei cittadini sia in grado di riportare a valore ciò che pare “dimenticato”. Così hanno fatto le persone che in questi giorni hanno ripulito e reso abitabile quello spazio della periferia, in via Franco Casavola, all’inizio di via Monteroni, sull’angolo per viale Grassi.
Uno spazio ritorna agibile con una gamma di proposte che danno lustro al progetto complessivo della città. Non un ghetto ideologizzato ma “un laboratorio collettivo di progettazione territoriale e formazione” si propongono gli occupanti del “Terra Rossa”, questo il desiderio: dare vita a una “Università Popolare”. Termini (“rossa” e “popolare”) che evidentemente spaventano i nostri amministratori, nonostante nel recente passato ci si sia confrontati con l’idea della Capitale Europea della Cultura, con una proposta tutta incentrata sul valore sociale dell’agire culturale.
Sarà una deformazione professionale ma credo che il nodo educativo sia centrale. Utile è farsi delle domande, ancora più utile trovare delle risposte.
“Cos’è un operatore culturale?” “Un mediatore di desideri!” Questo è il lavoro per e nella cultura: stare in ascolto, fare l’accoglimento, preparare il terreno, mettere a dimora e aspettare la crescita.
E allora: “come facciamo a trasformare le istanze espressive in fatto culturale se non ci sono luoghi dove poter operare?” “Come riusciamo ad incanalare il vuoto valoriale, le crisi che la nostra contemporaneità induce, in fatti culturali positivi e propositivi?”
È un lavoro che non ha bisogno di luci e di lustrini. Che ce ne facciamo dei grandi eventi se non riusciamo a definire quegli spazi utili ad incubare vocazioni e attitudini? E poi, “il modello del “successo” e dello “show” è ancora un modello valido? E’ utile?” L’esperienza nella scuola, in luoghi di cura e di aggregazione ci racconta che non sempre le Istituzioni riescono ad intercettare questo bisogno di protagonismo, di espressione, di linguaggio che viene dai bambini, dai ragazzi, dai giovani, dagli adulti, dagli anziani, allora ben venga la “cittadinanza attiva”. Ben vengano le proposte. Dovere degli Amministratori dovrebbe essere quello di garantire sempre un alleanza con i cittadini, di mettersi al servizio, di rendere possibile ciò che pare utopia. Di rendere la città patrimonio di tutti, terra di tutti.

Nessun commento:

Posta un commento