Mauro Marino*
La senatrice Adriana
Poli Bortone ha accolto, con fastidio, l’annuncio dell’approvazione del
protocollo firmato dall’Amministrazione Comunale di Lecce con la Regione Puglia
per avviare, una riflessione e una agire comune, nella valorizzazione dei beni monumentali
cittadini. Nell’accordo sono inscritte molte potenziali “case” culturali della
nostra città: il Must
per le parti espositive; una quota parte del Castello Carlo V, il Teatro Apollo;
il Teatro Paisiello; Palazzo Turrisi; le parti destinata alla pubblica
fruizione dei Teatini e del Conservatorio Sant’Anna, l’Ex Convento degli
Agostiniani per la parte destinata all’Archivio Storico; il Museo Ferroviario
della Puglia (di concerto con la Onlus che lo gestisce).
La senatrice si
appella al mancato coinvolgimento del Consiglio Comunale e si oppone
all’accordo - evocando anche i favori del Covid 19 nella cospirazione - con il piglio
del “particolarismo” locale, il sovranismo del sovranismo: “La cultura a Lecce
non era mai scesa così in basso – scrive – rappresentava un’eccellenza in campo
culturale e non solo a Lecce”. Certo, è ancora così! Ma c’è da considerare che
se lo è stata e lo è ancora non è per merito di certa politica ma sicuro per la
capacità di resilienza dimostrata dagli autori, dagli artisti, dai creativi che
la rappresentano e l’hanno rappresentata.
Ora, concertare una
politica trans-cittadina capace di rafforzare il portato finanziario e ideativo
nell’immaginare politiche di valorizzazione dei beni monumentali a disposizione
della città non è certo un suicidio identitario. Lecce è in Puglia e la Puglia
mostra di avere in questi, ormai lunghi anni di governo del Centro Sinistra,
fortemente puntato alla piena visibilità della sua vocazione culturale
finalizzando anche la filiera turistica a questo scopo. C’è un buon turismo se
c’è una buona cultura, una buona tradizione di pratiche e una contemporaneità
capace di accoglierla e di mutuarla al presente.
L’istituzione del Polo
Biblio Museale,
quale articolazione territoriale del Dipartimento Turismo, Economia della
cultura e Valorizzazione del territorio della Regione Puglia, rafforza
l’idea di una visione territoriale aperta all’incontro, allo scambio
esperienziale, alla contaminazione, alla piena apertura di luoghi che sì, in
passato, sono stati meritoriamente recuperati ma che sono stati poi “abbandonati”
o usati come uffici. Luoghi che spesso, già in partenza, si sono dimostrati limitati
nella possibilità d’uso per il mancato adeguamento degli stessi – in fase di
recupero - alle più elementari norme di accessibilità nella pubblica fruizione
con enormi colpevoli “distrazioni” del committente al momento della consegna
del bene restaurato, tantissimi gli esempi di mal funzionamento che evito qui
di elencare.
Il problema è ora
rendere virtuoso questo accordo - tutto politico e strategico - nella sua
fattibilità. L’Amministrazione Comunale e il Polo Biblio Museale apriranno una
fase di approfondimento sulle diverse vocazioni e particolarità dei luoghi?
L’annunciata istituzionalizzazione delle Consulte (tra cui quella dedicata alla
Cultura) sarà motivo di un confronto aperto e corale sulle modalità di
gestione? Il mondo degli operatori culturali in che modo sarà chiamato a
partecipare alla novità?
Tre domande che spero
si siano posti i firmatari del Protocollo nel dar seguito all’accordo sancito.
Dovremmo averlo imparato,
un luogo vive se è animato, se è attraversato da un pubblico pienamente
partecipe del bene condiviso, se è condotto da persone capaci di dare destino
alla propria passione culturale nell’incontro con l’altro. Non ci si può
limitare alla buona volontà di uscieri più o meno capaci, alla provvisorietà di
programmi gestiti nel giorno per giorno dall’eroica dedizione degli uffici. Bisogna
pensare che il cambiamento va servito con il cambiamento e la nostra città ha bisogno,
soprattutto oggi, di dare compiutezza alla “rivoluzione” avviata lo scorso 26
maggio.
La Gazzetta del Mezzogiorno, mercoledì 22 aprile 2020
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