mercoledì 26 settembre 2012

Un disco bellissimo

Lo sento e lo risento, capita, quando ti affezioni e la musica riesce ad accompagnarti, ad essere suono mentre la giornata fa rumore... capita, un disco bellissimo!
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In verità, in questo nostro “Salento di musiche” capita spesso.
Son settimane che l’orecchio inciampa in ascolti, tutti meravigliosamente lieti: il Mesimèr di Admir Shkurtaj da solo al piano per Anima Mundi e i Risvegli di Irene Scardia, lavoro di albeggi suonati con Emanuele Coluccia e Luca Alemanno.
E’ capitato con Silvia Manco che con Dodicilune ci ha donato Casa Azul. La Casa dell’amata Frida Kalho, si chiamava così e, tutti i travagli di quella storia, quelle suggestioni, ti vengono incontro, rese jazz... scavando suoni latini che infilano virtuosismi con l’umiltà propria dei musicisti quando son tali al riparo dalle malìe dello spettacolo...
Ma il disco bellissimo di cui voglio dire è quello di Luca Colella: Storie dell’altra guancia il titolo dell’album confezionato, anche questo, da Dodicilune.
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E’ un teatro che si apre, un flusso narrativo che, infilandosi nella nuova vena autoriale che muove gli occhi in questa nostra “felice terra”, racconta un Salento inedito, nascosto o meglio, conservato, da una sensibilità accorta, capace di filtrare i sensi chiamandoli ad un allerta sempre significante dove la parola pesa e  non lascia indifferenti.
La voce di Luca Calella ha il peso e il riverbero “deandreiano”, ma l’arrangiamento sposta tutto in una mescla mediterranea cucita da musicisti che bene conoscono l’arte e bene hanno accolto la grazia:  Donatello Pisanello all’armonica, alla mandola e all’organetto. Ambrogio De Nicola alla chitarra classica ed  elettrica. Daniele Vitali al pianoforte, al synth e all’hammond. Angelo Urso al contrabbasso. Francesco Pellizzari alla batteria e percussioni. Rachele Andrioli cori e Pierpaolo Caputo alla viola da gamba.
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Suona di Sud questo disco, suona “le parole oscurate dalla luce del giorno”, quella luce che spensiera nonostante tutto. Nonostante la piaga sempre aperta della malinconia, che è generante, quì da noi, madre di poesia, oltre ogni finto entusiasmo...
Quella, la poesia, accompagna e fa brividi quando la “danza contadina” alza il controcanto... che vorresti non finisse mai.
Già, mai!..., la canzone a questo serve, a questa compagnia che apre occhi e animo e fa speranza... Quella certa, è nella rinascenza ormai stabilizzata di una scena musicale matura, capace, abitata. Tanto abitata che c’è da cercar permesso per potersi accomodare... Eppure “certi”, chiamati alla responsabilità dell’operare culturale, non se ne accorgono... O fanno finta? Sarà che non hanno orecchie capaci...
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Ma torniamo al disco... scrivono da Dodicilune: “Nei dieci brani del cd, Colella dilata con maestria gli istanti del vivere contadino, li pone in un’altalena di suggerimento e profezia che si rivela valida alternativa al ragliare delle classi alte.
In Porta d'Oriente, l’autore, cerca di coniugare le esigenze della parte buona della globalizzazione con la necessità di mantenere la propria identità antropologica; in Una danza contadina e  In un campo di granturco e ravanelli indaga il rapporto tra il mondo contadino, le tradizioni e l'ecologia. L'anno della locusta è un brano allegorico nel quale gli insetti che distruggono le coltivazioni assomigliano molto alle figure di potere, che cambiando posizione e bandiera politica mangiano tutto ciò che trovano. Valzer del Novecento è un omaggio ai fratelli Bernardo e Giuseppe Bertolucci; Retaggi è costruito su tre linee musicali che mettono insieme chitarra (padre emigrante), mandola (nenia funebre della madre), tastiera (il figlio); Il tragitto del monaco racconta le passioni amorose e poetiche di Fra’ Pantaleone, autore del mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto; Cornelia e il ladro, storia di una prostituta e di un ladro, è un omaggio a De Andrè”.
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E’ tutto, cos’altro se non buon ascolto!

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