giovedì 5 settembre 2013

Il paesaggio, la comunità e la comunità delle comunità

Lo scorso 2 agosto, la giunta regionale pugliese, ha approvato il nuovo Piano Paesaggistico Territoriale oggetto, in questi giorni, di approfondimento e discussione in sessioni pubbliche che si terranno in diverse città per favorire la massima partecipazione, l’appuntamento a Lecce è per il 17 settembre. Si legge sul sito che presenta il PPTR: “I paesaggi della Puglia, prodotti nel tempo lungo della storia delle “genti vive” che li hanno abitati e che li abitano, costituiscono il principale bene patrimoniale (ambientale, territoriale, urbano, socio/culturale) e la principale testimonianza identitaria per realizzare un futuro socio/economico durevole e sostenibile della regione. Un’identità che si è costruita nell’azione umana di lunga durata, esito evolutivo di dinamiche relazionali nelle quali le dimensioni dello spazio e del tempo sono indissolubilmente legate”.
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Il paesaggio è dunque “bene comune”, ma quanti lo considerano tale? Il cittadino e la comunità dei cittadini è chiamata ad esserne il custode ma l’essere cittadino, l’essere comunità è condizione mutevole che spesso sfugge alle responsabilità e al dovere civico; altre volte, l’interesse di campanile tende a prevalere sull’interesse generale del Territorio che è, uno per tutti. Allora la domanda: siamo soli, siamo comunità o siamo comunità di comunità? Nel nostro essere al mondo “micro” e “macro” continuamente si intrecciano, muovono e sollecitano la nostra vita, la nostra attenzione, il nostro organizzare l’esserci e il fare. Poi, c’è l’indifferenza!
“I paesaggi della Puglia sono a rischio – si legge ancora nel prospetto che presenta il PPTR - il degrado e la progressiva compromissione del patrimonio paesaggistico pugliese sono sotto gli occhi di tutti. Ancora più aggressivi degli agenti ambientali (...) sono i comportamenti sociali, i processi di sviluppo economico e i nuovi stili di vita che incidono sempre più sul paesaggio e ne alterano la bellezza e la integrità”.
Il nostro Salento è nel travaglio. Conservarlo è il pensiero di molti (una minoranza, almeno così pare), molti altri (con la complicità di una maggioranza silenziosa e accondiscendente) lo immaginano diverso: inseguono “mode”, la volubilità del mercato, l’impermanenza.
Il modello Salento, dagli anni Novanta in poi, ha avuto vari interpreti, si è partiti dall’idea del “Salento da Amare” e dall’immagine del “parco” per approdare poi al Grande Salento, alle accelerazioni di un “modernismo” scellerato senza progetto disegnato su misure “datate” e subalterne alle logiche di un “industrialismo” che ha fallito il successo sperato. Un esempio per tutti: la S.S. 275 che collega zone industriali abbandonate, mai decollate… Certo, c’è necessità di migliorìe su quei tratti stradali, ma non così enormi, così deturpanti. Invocare la sicurezza è un conto altro è, favorire le lobby dell’asfalto e del cemento approfittando (a casaccio) dei lauti finanziamenti dell’Unione Europea e così, la Maglie–Otranto si spera veloce così come la Regionale Otto. Intanto si ferisce il paesaggio attaccando il suolo agricolo, si spiantano ulivi salvo poi celebrarli, nelle vetrine enogastronomiche, come fonte d’identità e di autenticità.
Normale schizofrenia politica? No, c’è molto di più. C’è il non essere comunità nella comunità. C’è l’assenza di un piano, di una visione capace di immaginare il territorio nella sua unicità e complessità. Non c’è un “insieme” e fa sorridere chi invoca Ibiza come modello da perseguire.
In questi ultimi anni abbiamo assistito a fatti emblematici, hanno riguardato piccole comunità ma avrebbero dovuto chiamare l’intera comunità salentina alla sollevazione, all’esercizio del giudizio, della critica e della proposta.
Due esempi “piccoli” ma molto significativi.
Torcito affidato dalla Provincia all’impresa Intini Source Spa, viene deturpata. Un appalto di oltre 3 milioni e mezzo di euro, somma stanziata grazie al programma Interreg II Italia-Grecia, per la “valorizzazione delle potenzialità turistiche della Masseria Torcito”. Nel corso dei primi lavori un’intera collinetta viene smantellata e uno storico albero, caro agli abitanti di Cannole, sradicato e fatto a pezzi: una ferita alla memoria della comunità. Una leggerezza dovuta al mancato controllo, esempio di una colpevole sciatteria del fare politico che esulta nel disfarsi dei beni pubblici, di pezzi di territorio e subito si de-responsabilizza, dimentica. Il controllo è lo strumento, la tenacia del controllo è il compito che permette alla comunità di essere presente ed efficace nei processi di cambiamento. Ma ciò che è peggio è stato l’abbandono e il continuo oltraggio subito da Torcito in questi anni, un luogo recuperato alla funzione e restaurato non più di 15 anni è diventato oggetto di un nuovo intervento di recupero. Di chi la responsabilità? Della Provincia di Lecce proprietaria del complesso che non ha saputo dare destino a ciò che era suo?!
Altro esempio, senza danni questa volta, ma significativo dell’inedia delle amministrazioni pubbliche e dell’indifferenza dei più, è l’affidamento al FAI dell’Abbazia di Cerrate: è bastato pulire, sistemare le luci per ridonare decoro al luogo, certo verranno altri provvedimenti (speriamo non troppo invasivi) ma van già bene quei piccoli interventi di manutenzione: l’ordinario è miracolo dove impera l’abbandono e l’indifferenza.
C’è adesso il grave problema della gasdotto transadriatico, il tubo che dal mare porterà in Europa il gas naturale proveniente dall’Azerbaijan, opera considerata strategica dal governo italiano e dall’Unione Europea. Di tubi, con le loro piccole e grandi emergenze, ce ne sono altri: portano le acque reflue - e le incazzature di altre comunità - in mare. C’è ancora l’invadenza del fotovoltaico e dell’eolico. Insomma, un gran da fare in un Salento che in realtà non sa che fare e che, incredibilmente, perde il contatto con le sue necessità e i presidi culturali che potrebbero essere capaci di difenderlo.
“Non vendete la vostra terra per un piatto di lenticche” ammoniva Giovanni Lindo Ferretti in un’epica edizione della Notte della Taranta. Così non è stato e quell’evento - invece di essere luogo di riflessione sulla tradizione e di proposta anche politica - nell’ultima edizione conferma il suo essere diventato dispositivo di annientamento dei valori ispirativi in favore di ritorni d’immagine e di affari. Neanche un “pannolino culturale” è stato esibito in quest’ultima edizione della Notte tutta spesa all’inseguimento della Rai, considerato il “massimo” traguardo. Va bene così! Se la volontà è far così...
Ma c’è da sperare altro. C’è una “minoranza” attiva, parlante, proponente, che spera e vuole altro. Ma come diventare maggioranza? Il “che fare” può essere governato dal “no”? Questa la domanda. E ancora: è possibile lavorare oltre la consueta e logorata rappresentanza politica ispirando processi di partecipazione dal basso capaci di riflettere sulla complessità e sulle emergenze del territorio?
Sì, se i movimenti maturano le loro istanze. Sì, se si è in grado di ispirare l’agire collettivo con azioni propositive e costruttive; se si è capaci di portare alle luce le contraddizioni di piani di sviluppo vuoti di futuro. Sì, se si fa alta l’istanza maieutica della politica.
Un’occasione (forse) c’è: “Spero che, nel corso del confronto sul piano Paesagistico Territoriale Regionale - scrive Angela Barbanente - avremo modo anche di approfondire la parte strategica del piano, per evidenziare quante potenzialità di sviluppo siano dischiuse dalla conservazione, tutela, riqualificazione e valorizzazione del patrimonio paesaggistico regionale. Mi riferisco, in particolare, allo “scenario strategico”, articolato in azioni, progetti e politiche, finalizzati alla attivazione di nuove economie e sistemi produttivi a base locale e all’integrazione fra le politiche del paesaggio e politiche di sviluppo rurale, di mobilità e trasporto, energetiche, di sostegno alle attività produttive e alla promozione del turismo”.
Le comunità e la comunità delle comunità sono chiamate alla presenza!

Su La Gazzetta del Mezzogiorno di giovedì 5 settembre 2013

1 commento:

  1. Grazie, Mauro. Mi sento parte di quella "minoranza" ed avrei alcune idee per confortare le tue domande, altri esempi. Appuntamento il 17, o serve scambiarsi prima delle idee? Io ci sono...

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