domenica 15 dicembre 2019

Del "corpo vergognoso"

Novembre 2019
Un dialogo nel Gruppo sul BODY SHAMING


Chiedo: «Sapete cos'è il BODY SHAMING?».
Sguardi interrogativi rispondono alla domanda.
Continuo: «Letteralmente "shaming" si traduce con vergogna. Body shaming è "corpo vergognoso", vergognoso perchè deriso. Ne parliamo?».
Gli sguardi da interrogativi si fanno esclamativi e, un invisibile "no" si palesa. Tutte hanno a che fare con il proprio corpo e con la vergogna, un sentimento astratto, a volte, che non fa i conti con la propria unicità, parlarne? Proprio no stamattiva, piove, c'è un grigio che oprime, meglio disegnare...  E poi, è facile, scontato, è questione antica... e le parole vengono:

Ti deridono
se sei troppo alto
se sei basso, o grasso, o magro.
Ti deridono per i peli, per i capelli
per come parli... per l'odore che hai.

Per la forma e per le forme che ti abitano.

C'è il canone, il pregiudizio "estetico"
la forma della "normalità"
della confezione della "normalità".

Già, la confezione! Tutto dato, deciso
a prescindere dalla vita.
Così è nel Mondo, dove domina il giudizio, la pretesa della "perfezione".

La mitologia della forma fisica perfetta
distante dalle caratteristiche del corpo umano
lontana dalle particolarità che rendono unico ogni corpo.

E allora: «Cos'è normale? Cos'è anormale?
Cos'è la vergogna!?, e chi dovrebbe vergognarsi?»


Body shaming è parola (e categoria problematica) nuova...
ma, quel pregiudizio è antico quanto è antico il mondo.

Un esempio: i capelli rossi lodati, temuti, ridicolizzati:
Il Tempo, le "cose" del Tempo a dettare la "regola"
assecondando o meno credenze, volubilità, tendenze, mode...

Ricordate "Rosso malpelo"?
Il misero bambino siciliano, raccontato dal verismo di Giovanni Verga,
discriminato per i giudizi popolari sul colore dei suoi capelli.
Nessun affetto per lui, nemmeno dalla madre, nessuna fiducia.
Ma, a sua volta Rosso malpelo diventa prima custode e poi carnefice di Ranocchio, il ragazzino claudicante, deriso a sua volta e reso vittima da una comunità incapace di accogliere l'altro, il diverso, il "fratello bisognoso"... ma anche qui, c'è da chiedersi il "bisogno" è reale? O è introdotto dall'offesa che trasforma una caratteristica personale in oggetto di offesa e di derisione?

Dunque, non c'è "pietas" possibile! Non c'è accoglimento, adesione all'altro. Si reagisce al "male" infliggendo altro "male"...

La compassione, l'umanità (ma esiste l'umanità?)
si reprime, pur di sopravvivere.
E, tutto si ripete, amplificato oggi
nel nostro contemporaneo, nei social
senza "bordi", senza "rispetto"
senza senso dell'"umiltà".

La misura della quiete, del saper vivere, dell'educazione
è sinonimo di fragilità.
E la quiete, il buon vivere, la fragilità non vanno bene,
non servono
alla meschina guerra che assedia
vedendoci tutti protagonisti.

Già, "tutti protagonisti" nel declino di quel sentimento d'amore, che forse non ha mai governato le relazioni tra gli uomini.


Daltronde oggi, domina, nel discorso pubblico l'otraggio all'altro; assistiamo al declino del "politicamente corretto", delle buone maniere, delle regole basilari della buona educazione; un 'azione di alterazione della convivenza civica e civile a lungo allevata nelle arene televisive (con format titolati alla promozione della finzione, della competizione, della lite sempre e comunque che non raccontano la vita ma che la minano dalle fondamenta) e oggi promossa dai comportamenti, dagli interventi, dalle parole di alte cariche politiche che invece di vocarsi alla responsabilità, destabilizzano la morale e il senso di solidarietà che deve fondare uno Stato che vuol definirsi democratico.
Politici che spendono parole spesso insensate nel gioco del "dichiaro e poi ritratto" banalizzando l'intervento che s'era guadagnato titoli sui gionali, aperture di TG come una "dichiarazione di pancia", come se la pancia sia - sempre e comunque – scollegata dal cervello, dall'intelletto.
Altro capitolo questo: "l'intelligenza", l'esercizio critico, non è utile, nella contemporaneità, non è alla page e l'ALTRO è solo il nemico dell'IO. La  diversità mina la pretesa di un'astratta integrità – la famiglia, la sicurezza dello Stato, la difesa dei confini nazionali, la paura divengono strumenti di pretica del giudizio. Si deve essere contro, l'uno contro l'altro. Ognuno può e deve vergognarsi per qualcosa...

Nella prima televisione, quella pubblica, l'istanza educativa era percepita come prioritaria, con l'avvento delle televisioni private (dagli anni Novanta) non più è così, l'istanza educativa ha declinato in favore dell'intrattenimento, della superficilità, la qualità (se c'è) è relegata nelle fasce orarie notturne e la telvisione "spazzatura" è diventata (nonostante tutto) l'agenzia educativa dominante, l'"influencer" per eccellenza, dettando comportamenti, costumi, stili di vita, mode... Ineducazione se l'ineducazione è il valore promosso.

Il rifugio è nel brutto, nell'horror, nel fantastico... Luoghi e immaginari dove la diversità viene esaltata e resa narrazione, possibile vita... Il rifiuto di una ordinarietà piatta e volgare produce la risposta... i movimenti giovanili sono una speranza, lavoriamo per nutrirla.

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