domenica 26 agosto 2012

Notte della Taranta. Sanare o dimenticare?


Diario d'estate – La Notte della Taranta n°15

Mauro Marino


C'è un rito estivo che richiede una particolare ginnastica: preparare il polpo al piatto. La preda si sbatte sullo scoglio più e più volte; la durata dell'atto - che viene compiuto con particolare ostentazione per far invidia all'intorno - determina la morbidezza del cucinato. Il polipo perde la sua tensione, s'arrende ed è fatta: gnam, gnam, gnam... C’è chi lo mangia crudo con i piedi a mollo felice di mostrarsi selvaggio al cospetto del visitatore. Così è il Salento.

In quest'estate ho sofferto dell'acuirsi del male della complessità, ogni “cosa” l'attacco all'altra e m'è difficile discernere, distinguere... Sarà per il fatto dell'Ilva che "dicono" influisca perfino sulle cozze in mare... Sarà l'amara contingenza nazionale che allena gli occhi al listino d'ogni cosa... Insomma, il rammarico, invade e non ho occhi e orecchie libere per far l'ascolto al riparo...

Melpignano sabato 25 agosto, 15° concertone del Festival della Notte della Taranta. Maestro concertatore Goran Bregovic da Sarajevo.

All'arrivo m'accoglie la squillante voce tutta di testa di Vituccio, Vito Nigro, l’uomo delle capre. Vitucc’ de Carcagne, il “padrone di Villa Castelli”. C'è ancora luce in cielo l'ultima del tramonto e guardiamo in alto a scorgere la grande mole di Giandomenico Caramia che lì abita dallo scorso dicembre... Si fa buio e i suoni continuano, sommano a strati emozioni ma... Mi sento distante. Sensazione nuova. Mai provata in questi lunghi anni di militanza e di attaccamento all'evento degli eventi. Che accade?!
Nella conferenza stampa di venerdì le prime avvisaglie: la sensazione di un sentimento di estraneità...
La cultura della campagna s'è fatta spettacolo, s'è data una regolata. Una scatola formale. Amara cosa constatarlo, non c'è freschezza. Entusiasmo. Ogni cosa si ripete in un rituale che, battuto e ribattuto sullo scoglio, s'arrende...
La “campagna” adesso è sul palco, Vituccio ha citato le sue capre. La sua libertà.
Ma, la campagna di qui, oggi, non è più campagna, volta com'è alle coltivazioni delle energie "rinnovabili" e al dover far strade. Cose che sappiamo...
Ma perchè quel popolo che per primo dovrebbe levarsi a difesa della terra tace? Perchè anzi, con larga maggioranza, dice sì allo stupro?

I "morsi” tornano e la taranta cambia livrea. Prima era la carne e il “sentimento” la preda, adesso è la terra. L’ambaradan della pizzica pizzica, col suo tornare, a far da contorno: a sanare o a far dimenticanza?
La domanda mi ossessiona...

Melpignano è  stata ed è la “cucina” del “passaggio”. Si viene qui per “dimenticare” per una sera lo scempio e lo sconforto che ci prende se guardiamo ciò che accade.
La musica, il veicolo di una compensazione tra ciò che si perde (l’ultima integrità territoriale) e ciò che si conquista (l’evidenza “culturale” di oggi) con la Fondazione ben agganciata ai puntelli “nazionali” (e qui una domanda impertinente viene spontanea ma quella della Taranta è depandance degli Italiani Europei? Bha! Così pare ai malevoli che non capiscono il perchè delle passerelle estive di Massimo D’Alema sul tappeto degli Agostiniani) che trova la celebrazione dell’Accademia e della rete Tre di Radio Rai - luogo-spazio di massima elezione intellettuale in Italia -  che per due giorni si è interrogata sul senso della festa e dei festival.

Insomma giriamola a pizzica pizzica è il prezzo da pagare... Tutti contenti, ballati! ballati! Dimenticate. Non ci sono parole politiche qui, solo suggestioni retoriche come quelle ascoltate in conferenza stampa. Solo intendimenti, quelli di sempre, ma del Salento delle sue urgenze ed emergenze niente. Stop! Dimenticate, giriamola a pizzica pizzica.

La festa smetta se non c’è coscienza. Che la festa sia utile. Così penso...
Questa terra è piegata, possibile che non se ne accorgano? Una terra che spreca, si spreca. Non c’è attaccamento e la tradizione più che salvataggio-salvagente per tenersi a galla nella "mancanza" e come polpo battuto sullo scoglio... Battuta e ribattuta per farsi tenera... commestibile...
Non c’è cultura contadina a dettare la regola, quella, la regola è a cura dell’aristocrazia (più o meno riciclata) la stessa del latifondo che fece braccianti i salentini, quelli stessi che oggi si spendono col lavoro di braccia e voce sul grande palco...  L’amaro lavoro vuole sempre riverenze... si è piegati e mai proprietari... Questo scontiamo nella ferita. Non serve gridare da un palco se poi c’è la rassegnazione di una terra che rischia di perdersi così come la musica, la nostra, che sembra, di edizione in edizione, smarrire la sua originalità nell’eccesso. Presa qui, oggi, ad inseguire gli eccessi degli ottoni che volano senza alcuna geometria compositiva, concertativa.

La Banda di Racale rimedia, “all’attacco”, con un classico del repertorio di Goran Bregovic: “kalasnijikov kalasnijkov"... Una cascata di suoni, “uniforma” nella verticale la scena e fa sangue nell’op op op di una tradizione, quella d’oltre adriatico che, con la musica, ha de-cantato il Potere e il subire, donandosi al mondo. Un bum bum bum che sarebbe forse utile a far “saltare” la finta cabala (Mimmo Paladino dopo Novoli lo vediamo pure a Melpignano... Bha!!!) esposta a sfondo di
un palco rimasto, fino alla repentina fine del concerto, enigmatico nella sua intima finalità.

Nervoso e teso nonostante lo sbattimento che questa volta ha rischiati di rompere lo scoglio!

9 commenti:

  1. E' una riflessione, questa di Mauro Marino, che coglie alcuni smarrimenti dei salentini e della Notte della Taranta, in particolare. L'evento dell'estate dovrebbe anche tenere ferme le redini di un cavallo un pò narcotizzato da sé stesso, più che imbizzarrito. Questa musica incita a difendere la cultura che l'ha germinata, pur con tutte le bellissime contaminazioni accolte e proposte. E questo incitamento deve continuarlo stagione per stagione.
    Vincenzo Errico

    RispondiElimina
  2. E' il canta che ti passa. Stordimento e consolazione delle piaghe, piuttosto che la loro quotidiana cura. Come quando eravamo attarantati per davvero e venivano i violini a cullare e spurgare i dolori dell'essere schiavi, nel destino di non essere che braccianti al servizio di qualcuno. E miseramente poveri. Che sia ben confezionato col tormentone del marketing culturale, poco cambia. Qua si viene in vacanza a dimenticarsi i guai. I Salentini stessi rimuovono il problema che gli è dietro l'angolo, le piaghe che minacciano la salute del territorio. E' più facile dimenticare zompando e cantando che sedersi a tavolino a pensare. Soprattutto, è meglio. Perché a guardarsi intorno si rischierebbe di farsi venire la pelle d'oca. Chi gliela fa fare?

    RispondiElimina
  3. io ho apprezzato molto il preconcerto, specie con i due gruppi di cantrici prima e i cantori dopo: divertimento d'altri tempi, troppo semplice, forse, ma prezioso al confronto dell'enormità del palco, e del ripetitivo contrappunto a 160 bpm ottonato a caso, in pratica semplice remix su brani rimasti in spesso tali quali, e professionisti in qualche momento titubanti e "fuori posto" nella pseudo festa della pizzica ad ogni costo, così che splendidi interventi e arie che si apprezzano per capacità interpretativa, diventavano inutili ostacoli alla voglia di "pogare" ad muzzum. Urge riflessione, meno alcool e più festival.
    Ignazio, appassionato di buona musica

    RispondiElimina
  4. Per motivi di lavoro vivo da parecchi anni lontana dal Salento,ma seguo molto le vicende di questa antichissima e bellissima terra che mi ha dato i natali;non vengo spessissimo,però quello che dici tu mi torna tutto;avevo avuto anch'io delle impressioni non buone,ma tu le hai verbalizzate in modo eccellente,perchè conosci questa realtà molto meglio di me;...l'Ilva...porto Miggiano...la ricerca del petrolio lungo la costa e chissà quante altre cose....Parli anche della tarantola:per me è vero e,questo ragno ora invisibile,è più pericoloso di quello,poveretto ed innocuo,che le povere donne contadine di una volta,schiacciate dalla fatica e dalle ingiustizie,accusavano quale artefice dei loro malanni;la tarantola come "assenza",come "passività",come "esibizionismo" esiste,...ma non succede solo in Salento.... Penso però,anzi so con certezza,che esiste un antidoto,quello che è nei pensieri e nelle parole di persone come te e di tutte quelle che non hanno perso e non vogliono perdere,nè sensibilità,nè intelligenza;per me non è una cosa da niente;succede di sentirci "distanti" da molta stupidità e superficialità perchè siamo cresciuti ed è questo che fa nascere poi in noi,l'esigenza di una nuova cultura,nella terra in cui viviamo.Auguri a te e a tutti noi,cittadini del mondo ! rosalba de cesare

    RispondiElimina
  5. Condivido molto dell'analisi di mauro, che approvo in ampia parte, però c'è un problema appena sfiorato ed è quello della MUSICA che o c'è o non c'è, a me, quest'anno, è sembrato che la musica fosse un pò poca e non per colpa dei salentini, ma per colpa del maestro concertatore che si è trasformato in maestro colonizzatore, a me sembra che gli ottoni non andassero corroborati da altri ottoni, semmai i tamburelli (amplificati adeguatamente e non da un fonico, quello di bregovic, che era la prima volta che li amplificava!!!) dovessero essere meglio supportati, a me è sembrato solo un pessimo concerto di musica balcanica, con testi e intramezzature salentine.
    Secondo me se la gioca per la più brutta versione con quella di Zawinul ...

    RispondiElimina
  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  7. si può sempre buttare tutto in casciara, naturalmente la Taranta ci salverà dai pannelli solari (ma non eravamo noi a volerli?) oppure tradirà e si trasferirà su Rai Tre a confermare lo stravolgimento dalla sua anima contadina (ma come si fa a trovare l'anima contadina dietro 150.000 wats di amplificazione qualcuno me lo deve spiegare!!). Il tuo intervento caro Mauro Marino sembra auspicare la necessita tutta masochista di tornare a scarufare la terra con la zappa di 5 chili (sempre che siano gli altri: i nobili ma sfigati contadini a farlo) o a mettersi le pietre calde in tasca quando si va a "cujre le ulie" al gelo di novembre, se no è tradimento.
    Io non sono d'accordo, tu vuoi mantenere vivo un "relitto folklorico" come la "pizzica tarantata", vuoi credere allla reincarnazione della cultura contadina sempiterna, se no è tradimento. Ma "mi faccia il piacere!", è già tanto se non stiamo a ballare con i DJ di Mediaset e simili che ci tumpano come si deve con la perfidia di farci zompare immersi nell'acqua limpida e sudata dello Jonio fino alle chiappe e non di più (sennò bisogna nuotare, cosa che ormai si fa in piscina e basta). E' già tanto che se, da un filo di tradizione rimasta intatta, i figli dei figli dei figli di coloro che scarufavano la terra spezzandosi la schiena per il padrone, hanno imparato ad elevare un canto moderno, un canto originale, abbiano cominciato a creare un sound mediterraneo che ci riscatta dall'imperialismo delle varie Madonne e Britney Spears, dei varii Sting da concerto per Abramovic e sorelle di Putin.
    Qui si fa "o jazz", quello europeo, quello salentino e se uno come Bregovic viene a imporci i suoi ottoni ubriachi senza curarsi del luogo, della sensibilità e del cuore di chi sta qui, beh ce ne accorgiamo subito, sentiamo che non si è sforzato più di tanto, cogliamo il vero tradimento. Se poi dobbiamo fare le rivoluzione, con le parole di Mao Tse Tung si può rispondere che la Rivoluzione non è una discussione da salotto e nemmeno un concerto di pizzica, la Rivoluzione è un evento violento e senza retorica, allora si sta pretendendo l'impretendibile da un povero palco su cui i figli dei figli dei figli dei contadini che ballavano e cantavano la pizzica pizzica, tengono duro e reinterpretano una tradizione, estraggono da un folklore che diversamente e relitto e non "Sole dell'Avvenir" come solo la blasfemia degli intelletuali da "quistione meridionale" riescono a propinare ed è questo il vero tradimento: "Armiamoci e partite!!" ... come al solito .

    RispondiElimina