martedì 30 aprile 2013

"Bocche di dama", molto di più di uno studio

Quante voci abitano nel sentire di un attore? Tante quante il suo pensiero ne corre, “immaginandole” e basta un piccolo cenno a condurre nel cambio, nell’intesa del personaggio. E così, le storie prendono forma, anzi corpo e le drammaturgie trovano svolgimento come nelle pagine di un libro posto davanti a noi che, a “bocca aperta”, siamo chiamati ad assistere al prodigio che sul palcoscenico prende vita. Ogni volta così, lo stare al cospetto di quella linea.
La storia che “Bocche di dama” ci racconta, è doppia, lo spettacolo, al suo debutto come studio, è andato in scena al Teatro Paisiello domenica 29 aprile, a chiusura della stagione teatrale dell’Amministrazione Comunale di Lecce diretta da Carla Guido, che ha dedicato il ciclo di Teatro a 99 centesimi alla fiorente e fiorita scena locale.
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In apertura, il déshabillé di una sposa, presa nel da fare dei preparativi delle nozze con l'ansia di rigore placata con una, due, tre... quattro bustine di camomilla e... tranquillante, nella minestra del papà. Poi, la sequela di tutto ciò che era in uso al tempo in cui la narrazione trova ambiente: gli anni Cinquanta introdotti da un mambo accennato dalle melodie percussive di Vito De Lorenzi che accompagna le coloriture sceniche e i toni di Angela De Gaetano che in questo spettacolo – interamente suo – si conferma straordinaria attrice, ma anche fine drammaturga e accorta regista.
Un pretesto narrativo – quello delle nozze - che diventa storia.
Un’altra storia: il segreto che la signorina Doriana, l’acconciatrice, ha conservato per l’ultima sposa che avrebbe pettinato. E, dal sorriso, si apre la strada al “pianto”.
A prendere “pagina” è il blu di un nastro. Apparteneva a Mariuccia, la figlia di Donna Teresa e di Don Leo barbiere, usuraio e uomo di violenza, condannato ad avere intorno solo figlie femmine; per la rabbia, quando non la scontava su di loro, andava a sparare contro il mare….
A far da scena Lecce, la città popolare che non c’è più, quella che aveva ancora la fontana con i cavalli alati in Piazza Duomo a far da cornice ai “primi amori” e aveva cuore sotto la tettoia liberty del mercato, la “chiazza cuperta”, che rivive nei frame d’immagini che Angela De Gaetano ricostruisce con le variazioni di ritmo e d’intonazione della voce. Tic, movenze, storpiature di linguaggio plasmano l’ambiente e i personaggi che lo abitano.
E le senti le urla rimbalzare tra i grandi banchi. Erano di marmo chiaro, pregni di odori, esponevano le merci, tutte le merci del Salento, a Km 0, quando il Km 0 non era ideologico come ora. Oggi, quel mercato sarebbe una ricchezza per la città turistica, il valore aggiunto di quella tradizione eno-gastonomica divenuta “spaccio” esclusivo, cosa d’elite in mano agli chef, lontana dal popolo a dalle sue grida e dalle sue voglie.
Tra i banchi quello te lu Pippi Zeppu e de l'Annina delle cozze (i nonni a cui l'attrice – con l'intero spettacolo – ci pare rendere omaggio) e quello te lu Mozzeca... il fischio di Franco Pallina, da il “ciak” all'azione che introduce la figura del “Signor Don Sindaco”.
Momenti di intensità, di grande ilarità tenuti sapientemente sul filo, sospensioni che calibrano il divenire narrativo continuante introducendo personaggi, somma di un popolo e di una nostalgia.... fino ad arrivare ad immaginare gli angeli dipinti in cima al palazzo della “Torinese” (così si chiamava un tempo la grande dimora che è di fronte al Cinema Massimo) che rubano il prezzemolo nel giorno delle nozze del figlio del sindaco con la figlia del cravattaro-barbiere... 
Non Mariuccia però - la costretta-promessa - a lei tocca un altro destino...  ed è l'amore a muovere il racconto – il centro po-etico dello spettacolo. Un amore di quelli che quando  inizia e non sai come chiamarlo. Uno sfioramento, un ballo, un bacio. Il sogno-necessità  della fuga,  la libertà per quello che gli altri considerano il difettuccio. Ed un altro limine prospetta Angela De Gaetano col suo narrare, un confine da contemplare, avvertito da una distanza costruita con una sedia, a fare un davanzale, da cui s'affaccia prefigurando il di fronte di una terrazza dove Agata invano, accoglie.
Uno svolgimento ed un epilogo sorprendente quello di questo “cunto” che Angela De Gaetano porta al pubblico con sapienza e fine “esattezza” attoriale in quello che si dimostra essere   molto di più di uno “studio”.

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