martedì 20 marzo 2012

Giornata Mondiale della Poesia

Cos'è quel battito...

Cerco e trovo. La poesia comanda e quante note, piccole scritture, appunti accumulati negli anni sul “senso” cercato e dettato dai versi dei poeti. Uno, tra questi, torna... quello dell'eterno fuggire: Paul Celan.
Celan ha più volte inteso chiarire che la sua poesia è “stretta di mano, possibilità di un incontro fra un io - che non è già più il poeta perché, la poesia, una volta scritta non gli appartiene più – e un altro, un tu - di cui la poesia è sempre in cerca.
In questo, ciò che è importante ed evidente, è la necessità che, questo incontro fra l'io e l'altro, sia possibile, solo a partire dalla irriducibile alterità che si frappone tra i due e che si concretizza in una “parola testimonianza”. Questo è la poesia! Un luogo utopico - ma pur sempre realissimo – dove è possibile incontrare l'altro.
Per favorire questo incontro, il poeta deve esercitare una costante attenzione, che è per Celan, concentrazione nei confronti delle “proprie date”, un esercizio di memoria storica e biografica che non si deve tradurre, in un esplicito resoconto di fatti o in una sorta di conversazione ideologica, “rivendicando”, alla poesia, la sua propria “oscurità”, che può tradursi, perfino, nel rischio di ammutolire, rischio a cui la poesia di Celan si espone apertamente: solo in questa esposizione, infatti, la poesia può diventare apertura all'incontro con l'altro, all'accadere del senso.
E allora, c’è verità nella poesia?
È banalizzata la poesia nel ricordo che ne abbiamo, materia scaduta nella scuola, che non l'ama, che non ama la libertà dei poeti.
Solo pochi son capaci d'accoglierla, di tradurla nel battito della vita…
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Pensate se ogni politico avesse la determinazione dell’artista, del poeta, nel suo servire all’altro.
Credo che l’artista serva. Sia servitore cioè. Sia al servizio: del suo bisogno-desiderio d’espressione e del bisogno-desiderio della comunità di accogliere i linguaggi, le novità. Di contemplare, di trovare soluzioni ai cambiamenti che la vita porta, di poter riflettere sul suo senso e sulle possibilità.
L’artista serve oggi più che mai, è da qui che può partire un riscatto.
C’è bisogno di rieducare alla vita, di trovare un senso ad un cieco vitalismo che sembra assediare l’uomo, che preso nella morsa del produrre-consumare, svuota ogni pausa, ogni possibile rallentamento, ogni doverosa rinuncia. C’è bisogno di riannodare i legami con la storia e con la natura soprattutto pensando a cos’è necessario fare per ristabilire un contatto con i valori persi, con l’essenza di ciò che può salvarci.
Abbiamo paura, tutti sappiamo cos’è la solitudine, tutti siamo pronti a tirar fuori l’artiglio della difesa per fare l’attacco. Tutti sappiamo che il mondo è sempre più legato, unico nel suo destino. È quasi un epilogo quello che la cronaca ci rappresenta. E allora? È proprio necessario andare alla deriva, a chi è utile?
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C’è poesia nel dolore? C’è poesia nel “non” che nega e non trova, non sa, perduto, nell’ossessione di un pensiero indeterminato, specializzato, sempre dritto sempre centrato all'ordinario di un quotidiano ormai in “loop” incapace di dettare “speranza” preda del sovraccarico “narcisista” del potere. L'Io malato dell'Occidente (e anche adesso dell'Oriente ormai stinto, nell'urgenza del Produrre). “L’arte crea lontananza dall’io. Chi porta Arte negli occhi e nella mente, è dimentico di sé” “La lingua possiede qualcosa di personificabile e percettibile coi sensi percepire il linguaggio come figura e direzione e respiro: cercare, cercarsi dare materia all’accorgersi, allo stupore di un sé lasciato all’inessenziale, indietro…”. “Come persona cerco me persona in vista del luogo della poesia, del suo farsi libera, del passo in avanti”. “La poesia talvolta ci fugge innanzi. Poesia: ciò può significare una svolta del respiro. Chi può saperlo? Io, io/altro, penso di sì!

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