martedì 28 febbraio 2012

Il racconto di Giamma

Una sera di “storie”

Appuntamenti, sarà presentata mercoledì 29 febbraio, alle 17.00, nella Sala del Teatrino della Biblioteca Provinciale N. Bernardini in Piazzetta G. Carducci a Lecce “Raccontarsi” un’esperienza dal Ser.T. di Lecce con il Fondo Verri voluta dal Dipartimento di Dipendenze Patologiche della Asl di Lecce. Interverranno gli scrittori Antonio Errico e Vito Antonio Conte
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Ora che so di poter condividere qualcosa di unicamente mio, anche solo la mia esperienza, sento la mia autenticità libera da vincoli sociali e materiali, io, li chiamo ‘compromessi’.
Ho una gran paura di pronunciare questa parola perché credo, che sia per me difficile gestirli i ‘compromessi’ e che, la maturità, la grandezza di un uomo o di una donna, dipenda, in gran parte, dalla capacità di decidere quanto a fondo si può andare nel mettersi in gioco dando valore a se stessi, ponendosi su uno di quei ‘roventi’, ‘faticosissimi’ piatti di una bilancia che muove il suo ago in una o nell’altra direzione, non una qualunque, ma la nostra. Ognuno decide di essere, decide da cosa farsi influenzare e se farsi influenzare, ma dietro o prima di ogni cosa ci siamo noi, con il nostro “Io”. Ho deciso di mettermi in gioco, rivisitando ancora una volta le zone d’ombra della mia vita, cercando di far luce, allargando, consolidando, ribaltando ciò, che simbolicamente posso riassumere, in un antico simbolo cinese: l’ying e lo yaing, quel cerchio diviso in due metà una bianca che contiene un pallino nero, ed un’altra nera che contiene un pallino bianco.

La mia, è la storia di un ragazzo che è cresciuto in una piccola città del sud; gli anni Ottanta, i Novanta e l’inizio del nuovo secolo, il tempo sinora attraversato…
Un piccolo centro, crocevia di passioni, di emozioni spesso solo fantasticate, propagate da una tv-specchio, riflesso di un mondo evolutosi lontano dal quotidiano di chi in quella città viveva. Una città, apparentemente serena, bloccata, in realtà, dal permanere di una tradizione mischiata all’ignoranza, al pregiudizio, alla preclusione, alla repressione, alla violenza.
Una città che trovava rifugio in elementi “originari” come la “terra” e il “mare”.
Una città che, solo per poterci sopravvivere, ti richiedeva atteggiamenti e resistenze primordiali, alla Moby Dick… Un quotidiano alla vecchia maniera, fatto di dure giornate, per chi rimaneva, per chi stava al gioco, per chi adeguandosi allo stile di vita post-miracolo-italiano, si poteva permettere “agi” da medio-consumatore, attaccato a dei valori di parvenza piccolo-borghese che solo creavano una confusione dissacrante, capace di rodere la semplicità e la purezza di valori pensati come verità intramontabili, l’ a b c stesso dello stare al mondo.
Distratti, in un’aria di festa permanente, stile antichi baccanali… preferendo coriandoli e fuochi d’artificio alla magnificenza di un cielo. L’“impermanenza” preferita a ciò che da sempre ci è appartenuto, che ha fatto il nostro orgoglio d’esser uomini insieme ad altri uomini.
Più nessun incanto, quello magnifico sacro e soprattutto vero di un cielo o della vita di centinaia di persone percepita come unica nello stesso momento... No, solo coriandoli e fuochi d’artificio, solo “illusioni”...

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