mercoledì 29 febbraio 2012

Il mio nome è Rossella Urru





Rossella Urru











Dalle piazze al web: cresce la mobilitazione per chiedere la liberazione di Rossella Urru, la giovane cooperante italiana rapita oltre 4 mesi fa in Algeria. Oggi, 29 febbraio c'è il "blogging day": molti blogger italiani hanno scritto un post per diffondere sempre più la sensibilizzazione attorno al sequestro. Rossella Urru è una ragazza sarda di 29 anni, precisamente di Samugheo, partita lontano da casa come tanti giovani per seguire i suoi studi universitari. Dopo la laurea a pieni voti in Relazioni Internazionali, ha continuato a coltivare la sua passione fino a decidere di partire per l’Algeria per aiutare quel popolo che ha tanto a cuore e su cui ha scritto la sua tesi di laurea, per poter dimostrare fattivamente il suo impegno umano. Da due anni è la coordinatrice dei campi dei rifugiati Saharawi per il CISP (Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli), un punto di riferimento per tutti laggiù, ma anche per chi la aspetta dal piccolo paesino del Mandrolisai. E' stata rapita il 23 ottobre 2011 nel campo profughi di Hassi Raduni. Particolare è questo scritto dedicato a Rossella Urru dalla blogger Tiziana D'Errico, taggato su facebook da Daniela Montinaro e tratto da "Quando arriva il vento", Skoop.it

Il mio nome è Rossella Urru
Tiziana D'Errico

"Siete mai stati nel deserto? La notte, nel deserto, le stelle sono di più che in ogni altro posto nel mondo. Sono più vicine. Sono un manto. Una coperta. Un tappeto su cui volare. Amo il deserto. Amo la sabbia e il suo cancellare i confini. Non ci sono delimitazioni vere nel Sahara. Non si possono erigere cancelli in un posto in cui non si vede il finire della terra. Sono qui adesso. In un punto indefinito. In un posto indefinito. Qui dove gli occhi dei bambini sono neri, profondi. Occhi rivolti al mondo che li ignora. Occhi che regalano un sorriso a chi li voglia guardare veramente. Io sono qui. Sono venuta ad offrire il mio aiuto. Sono venuta ad insegnare a costruire un mondo libero, autonomo. Libertà. Ciò che ho portato come esperienza in questa terra è ciò di cui ora sono priva.
Io non sono libera. Ora. La mia nuova condizione ha un tempo. Un'età. Quattro mesi. Centoventi giorni. Sembra un tempo breve quando hai mille cose da fare. Quando sei libero di studiare, uscire, mangiare, correre, prendere un caffé con un'amica, ridere, giocare, parlare al telefono, fare compere, litigare, dormire, lavorare, oziare. Un tempo breve. Quando sei libero. Un battito di ciglia in una vita intera. Quando sei libero. Quando pensi al tempo come concetto fluido. Quando ti sembra di averne in quantità infinita a tua disposizione. Ma io non sono libera.
E il mio tempo non è più mio. Ora penso che quattro mesi sono un tempo lungo. Lunghissimo. E mi domando come sarà cambiato ciò che conosco, da quando non sono più libera. In quattro mesi un bambino nel ventre della madre è già del tutto formato. Il suo cuore batte al ritmo di centoventi battiti al minuto. Centoventi come i giorni che ha la mia vita non libera. Quattro mesi sono un tempo lungo. Lunghissimo. Un tempo in cui una nuova vita nasce, cresce, si completa. Lo so adesso. Adesso che mi domando chi mi renderà la libertà che portavo nelle mie valige venendo in questa terra gialla. Adesso che mi domando se qualcuno dalla mia di terra sta urlando il mio nome.
Mi chiamo Rossella Urru. Sono stata rapita perché insegno la libertà".
Quando ho pensato a ciò che avrei potuto scrivere sono stata un po' presa dal timore di urtare la sensibilità di chi Rossella ama. Di interferire con meccanismi delicati: chi negozia vorrebbe tenere l'attenzione mediatica il più low-profile possibile. Raccontare in modo didascalico però non fa per me. Non ne sono capace. Io sento le cose che scrivo. E scrivere di questa minuta e coraggiosa ragazza è stato difficile. Più andavo avanti più mi domandavo perché mai in pochi fossero a conoscenza della sua storia. Più andavo avanti e più non capivo il perché. Non lo capisco tutt'ora. Sarà vero che si agisca così nel tentativo di non rafforzare le posizioni dei rapitori? Sarà vero che il tentativo dei media sia quello di farla divenire un simbolo? E ancora sarà vero che questo possa essere dannoso per la sua condizione? E se è vero che spesso i simboli diventano martiri, bisogna fare in modo che questa volta non sia così. Mi pongo queste domande da ieri e mi dibatto alla ricerca di una ragione valida per non pubblicare questo post. Ragione che, in tutta sincerità, non riesco a trovare. Oggi qualcuno mi ha detto che questo gesto serve solo a garantire solidarietà ma non aiuto. Io non so se sia così. So che il silenzio che ha avvolto questa vicenda sta diventando più assordante delle sirene di Ulisse. So solo che se non ti ascolta nessuno può essere per due ragioni: hai sbagliato interlocutore oppure parli troppo sottovoce. Per educazione. Ho scelto di non essere educata stanotte. Ho scelto di alzare la voce. Ho scelto di dare la mia voce a chi ora non può far sentire la sua. Ho scelto di rompere il silenzio. Il silenzio è la quiete della notte. E' la vita che si ferma. E non è ciò che voglio. Se il silenzio si rompe urlando, allora io urlo. Sarà la mia una voce tra mille, oppure una voce nel vuoto. Ma la dono a chi ne ha bisogno. Ora.
Un grido d’aiuto il mio anche per: Maria Sandra Mariani rapita il 02 febbraio 2011 e
per l’equipaggio della motonave Enrico Ievoli: 6 italiani, 5 ucraini e 7 indiani. Sequestrati dai pirati nell’Oceano Indiano il 28 dicembre 2011. Franco Lamolinara rapito il 12 maggio del 2011 e Giovanni Loporto non libero dal 19 gennaio 2012.

martedì 28 febbraio 2012

Di molti e di una... chi è?

Si sa, il cinema non è arte neutra. Cammina un passo avanti e gli umori, i desideri, nel "movie" si condensano dando la stura, con le opere, all'inatteso a ciò che mormora per poi manifestarsi in graffio, in attitudine e atto sociale. "The Artist" un meraviglioso film in bianco-nero e soprattutto muto ha fatto incetta di statuine nella Notte degli Oscar. "Che significa?", mi son chiesto... Una prima banale risposta l'ho trovata: "non se ne può più del rumore e delle parole". Quante, inutili, invadono il quotidiano, ecco allora che, la sublime arte, allerta: "via, dall'assedio!", e dona un'opera solo destinata all'abbandono degli occhi. Il successo di pubblico e la critica indicano una sponda possibile: il silenzio che rende "regale" l'agire, l'essere. E, quel romantico film è pieno d'azione, specie quella di chi non s'arrende al declino. Sarebbe da consigliare a quei politici che mai tacciono e mai voglion mollare la sedia... Sapete di chi parlo? Di molti e soprattutto di una! Chi è?

Il racconto di Giamma

Una sera di “storie”

Appuntamenti, sarà presentata mercoledì 29 febbraio, alle 17.00, nella Sala del Teatrino della Biblioteca Provinciale N. Bernardini in Piazzetta G. Carducci a Lecce “Raccontarsi” un’esperienza dal Ser.T. di Lecce con il Fondo Verri voluta dal Dipartimento di Dipendenze Patologiche della Asl di Lecce. Interverranno gli scrittori Antonio Errico e Vito Antonio Conte
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Ora che so di poter condividere qualcosa di unicamente mio, anche solo la mia esperienza, sento la mia autenticità libera da vincoli sociali e materiali, io, li chiamo ‘compromessi’.
Ho una gran paura di pronunciare questa parola perché credo, che sia per me difficile gestirli i ‘compromessi’ e che, la maturità, la grandezza di un uomo o di una donna, dipenda, in gran parte, dalla capacità di decidere quanto a fondo si può andare nel mettersi in gioco dando valore a se stessi, ponendosi su uno di quei ‘roventi’, ‘faticosissimi’ piatti di una bilancia che muove il suo ago in una o nell’altra direzione, non una qualunque, ma la nostra. Ognuno decide di essere, decide da cosa farsi influenzare e se farsi influenzare, ma dietro o prima di ogni cosa ci siamo noi, con il nostro “Io”. Ho deciso di mettermi in gioco, rivisitando ancora una volta le zone d’ombra della mia vita, cercando di far luce, allargando, consolidando, ribaltando ciò, che simbolicamente posso riassumere, in un antico simbolo cinese: l’ying e lo yaing, quel cerchio diviso in due metà una bianca che contiene un pallino nero, ed un’altra nera che contiene un pallino bianco.

La mia, è la storia di un ragazzo che è cresciuto in una piccola città del sud; gli anni Ottanta, i Novanta e l’inizio del nuovo secolo, il tempo sinora attraversato…
Un piccolo centro, crocevia di passioni, di emozioni spesso solo fantasticate, propagate da una tv-specchio, riflesso di un mondo evolutosi lontano dal quotidiano di chi in quella città viveva. Una città, apparentemente serena, bloccata, in realtà, dal permanere di una tradizione mischiata all’ignoranza, al pregiudizio, alla preclusione, alla repressione, alla violenza.
Una città che trovava rifugio in elementi “originari” come la “terra” e il “mare”.
Una città che, solo per poterci sopravvivere, ti richiedeva atteggiamenti e resistenze primordiali, alla Moby Dick… Un quotidiano alla vecchia maniera, fatto di dure giornate, per chi rimaneva, per chi stava al gioco, per chi adeguandosi allo stile di vita post-miracolo-italiano, si poteva permettere “agi” da medio-consumatore, attaccato a dei valori di parvenza piccolo-borghese che solo creavano una confusione dissacrante, capace di rodere la semplicità e la purezza di valori pensati come verità intramontabili, l’ a b c stesso dello stare al mondo.
Distratti, in un’aria di festa permanente, stile antichi baccanali… preferendo coriandoli e fuochi d’artificio alla magnificenza di un cielo. L’“impermanenza” preferita a ciò che da sempre ci è appartenuto, che ha fatto il nostro orgoglio d’esser uomini insieme ad altri uomini.
Più nessun incanto, quello magnifico sacro e soprattutto vero di un cielo o della vita di centinaia di persone percepita come unica nello stesso momento... No, solo coriandoli e fuochi d’artificio, solo “illusioni”...

sabato 25 febbraio 2012

La mia vita al tempo delle sostanze




















Il Dipartimento di Dipendenze Patologiche della Asl di Lecce, mercoledì 29 febbraio, alle 17.00, nella Sala del Teatrino della Biblioteca Provinciale Nicola Bernardini in Piazzetta G. Carducci a Lecce presenta “Raccontarsi” un’esperienza dal Ser.T. di Lecce con il Fondo Verri. Interverranno gli scrittori Antonio Errico e Vito Antonio Conte L'oggetto dell'incontro è un libro “Storiarsi, racconti dal Ser.T. di Lecce”, a voi un piccolo stralcio delle storie raccontate...

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La mia vita al tempo delle sostanze e dopo.... Di questo, per quel che possa importarvi, vi dirò. E d'altro, vi dirò. Delle mie giornate, del trascorrere dei miei respiri dentro di me, di quel che il mio respirare diventava fuori da me, di quella specie di respirare vi dirò, se avrete pazienza di ascoltare. Se avrete voglia di tacere. Se avrete la bontà di non giudicare. Io narrerò dei giorni miei. Dei miei giorni scriverò. Siccome sono capace lo farò. Dei miei giorni dirò, dei miei vissuti ne farò parole così come li sento, con i miei sentimenti (d'ora e d'allora), senza parvenza alcuna di mestiere, di recita, né mistificazione, ché mai nessuna parte interpretare ho inteso, né saputo mettere in scena. Del mio essere vi dirò e di questo scriverò, nel bene e nel male. Ma, ve ne prego, anzi imperativamente vi dico: non replicate!

Ora, se all'ascolto siete pronti, se i sensi a ciò avete ben tesi e di null'altro vi importa, inizierò a dirvi di quel tempo, quel tempo interamente mio, per quanto non mi appartenesse, per quanto io fossi (invece) suo, totalmente suo.
Sono Nicola. Uno dei tanti Nicola di questa terra di Puglia. Perduto tra migliaia di Nicola. Tra gli altri Nicola. Ma io sono Nicola, l'altro. Ho quarantadue anni. Ne ho trascorsi diciassette nel miraggio del mondo attraverso la lente della polvere bianca: non vedevo altro: droga. Lei cercavo, lei volevo, lei corteggiavo, a lei portavo rose, bianche ovviamente, con lei facevo all'amore, di lei soffrivo. Della sua mancanza bruciavo. Della sua assenza morivo. Della sua presenza gioivo. Della polvere bianca mi nutrivo. Di lei vivevo. Prima di usarla già sapevo ch'esistesse: alcuni miei amici la frequentavano. L'ho cercata per curiosità. Come una bella puttana che molti si sono già fatta e ne hanno confidato le straordinarie gesta amatorie. Così, me la sono fatta anch'io. In quel periodo non è come si vede oggi, allora era mistero, era scoperta per pochi, era iniziazione d'un mondo vietato ai più, riservato a una cerchia di avventurieri in cerca di qualcosa di raro, di “stupefacente”, come archeologi alla ricerca del più recondito dei tesori della terra. Per questo ne ero affascinato.
Il mio primo “respiro” con lei è stato inebriante.
Ma sto facendo letteratura e non volevo.
Allora, vi dirò che ho iniziato sniffando ed è andata avanti così per tre o quattro mesi.
In questo lasso di tempo non sapevo né conoscevo l’astinenza, non sapevo dei sintomi che si accusano.
Poi ho cominciato a assumere l’eroina per via endovenosa.
Ho iniziato, come ho detto, per provare e ricordo bene la prima volta che l’ho fatto. Ero in compagnia dei miei due amici d’infanzia. Non sapevo dell’uso (concreto) che facevano dell’eroina, così quando sono andati in farmacia a comprare le siringhe decisi di farmene comprare una. Dopo aver consumato (ho fatto tutto da solo, senza l’aiuto di nessuno) quella mia prima dose, ricordo perfettamente la traccia fisica rimasta su di me: il primo buco: non tanto quello che ho provato intanto che l’eroina entrava dentro di me, circolando nel mio corpo, sino al cervello, quanto il segno che quel buco mi ha lasciato: il desiderio di averla ancora con me, dentro di me.
Da lì in poi ho continuato a bucare il mio corpo finché, col passare dei giorni, l’astinenza mi ha stretto in un angolo e ho capito che non ne potevo fare a meno. Non potevo più farne a meno. Non potevo più stare senza di lei. Ché soltanto lei mi faceva stare bene fisicamente. Ho capito che ormai dipendevo dalla sostanza. Non ho mai pensato di smettere. A quel tempo, era l'inizio, non pensavo di smettere.
Da quel momento è iniziato il mio calvario.

Nicola A.

mercoledì 22 febbraio 2012

Storie tossiche

Un piccolo scrigno ha preso ad aprirsi in questi giorni. Un libro che annuncio a pagina 21 del giornale. Un libro di storie, di racconti di vita che ho raccolto in un percorso di laboratorio l'anno scorso all'interno del Ser.T. di Lecce. Servizio Tossicodipendenze, significa quell'acronimo, un luogo di silenzio e di rabbia. Un luogo di margine che abbiamo deciso di ascoltare tentando con la chiave della scrittura di aprire un varco nella diffidenza. La tossicità, qualsiasi tossicità, qualsiasi dipendenza ha bisogno di parole, ha bisogno di una profonda riflessione per svezzarsi dal dolore. Dal fuoco fatuo di felicità che durano l'attimo di un flash... Chi sa può comprendermi, chi non sa può immaginare... E' così l'intera nostra vita sempre di più preda delle "dipendenze" attorcigliata in un'idea di consumo che pervade sfinendo il "piacere".

martedì 21 febbraio 2012

Storiarsi - Un frammento

















Nel cambiamento


"Le storie si intrecciano l’una con l’altra. Guardo delle vecchie fotografie e ri-costruisco me stesso. Sento! Provo sintonie! La mia felicità si triplica quando sento di rendere felici gli altri, con un abbraccio o con un sorriso.
I miei amici sono stati sempre i deboli.
Riparto dal passato: dove c’è odio voglio riportare amore; dove c’è discordia, unione.

Tutto sta cambiando, mi lascio andare oltre i confini di questa irrequietezza che sempre mi abita. Non mi basta, vorrei sentire il mio corpo vibrare di amore fino ad esplodere.
Scelgo per me, con me, persone che danno un senso alla vita. Mi serve sentirlo! Loro non si limitano solo a guardare, spettatori passivi di ciò che li circonda. No, loro sono parte attiva in questa società disgregata, che vive di ferite. “Cantano” loro, lievi, sinceri... ridono...
Sono sensibili le mie “orecchie”, lo sono sempre state, stanco di sentire cose inutili e cattiverie, ascolto solo “musica”, adesso, quella che la vita e gli incontri mi portano!"
Giuseppe Luigi F.

venerdì 17 febbraio 2012

Beghe di cultura

Giornale frizzante, il Paese nuovo di domani (18 febbraio) di scontri e "tormentoni" istituzionali. Quello "incandescente" sulla Sanità che troverete appena girate pagina e quello "meno eccitante" sulla Cultura alla pagina venti che dedichiamo ai dialoghi. Dialogo, sì! Quello che proproniamo è "puntuto" da signore, tra vicepresidenti. C'è una sognante Loredana Capone e una pragmatica Simona Manca. La prima è sul "Se fossi farei", l'altra sul "Ma come, abbiamo e stiamo facendo". Una cosa m'ha impressionato dell'intervento della Candidata del Centrosinistra alla prima poltrona di Palazzo Carafa, il paragone che lei fa tra le Manifatture Knoss e l’"atmosfera underground della Tate Modern di Londra o il Guggenheim di Berlino", mi chiedo, è prorpio sicura la vicepresidente dell'esempio? Non è che ha un tantino esagerato? O sono io che vaneggio? Ha presente la cara Loredana cos'è l'arte contemporanea e il lavoro che occorre per valorizzarla? Le tessiture e soprattutto la capacità di affidamento che comporta? Ecco l'affidamento... I nostri politici non sanno cos'è. E quello il nodo...

giovedì 16 febbraio 2012

La casa di CB

S'avvicina il 16 marzo. Dieci anni fa, moriva in quel giorno, Carmelo Bene, ieri l'altro il resto della casa di famiglia di Santa Cesarea Terme è stata venduta all'asta. Lì vive ancora ciò che di Carmelo rimane in vita: Maria Luisa, la sua sorella-sodale. Forse ci resterà ancora ma poi, quella casa avrà altri proprietari, altre storie da accogliere ma certo mai all'altezza di quelle che ha accolto. La casa dei Bene, originari della vicina Vitigliano, è attigua alla meraviglia di villa Sticchi, "Nostra Signora dei Turchi" la casa-nave-antro che ospitò la meraviglia delle visioni clandestine del giovane CB che lì s'intrufolava, di nascosto (così racconta la leggenda) per fare il suo "strampalato" film. Da lì, lui si buttava dalla finestra apparendo poi bendato, in fasce, come per rinascere. Lì, lui fece abitare i monaci antichi e poi e poi e poi... Si farà grancassa fra un mese intorno a CB, è così. Solo vuoti riti! Il Salento della cultura è sempre a metà. E anche meno di metà!
I suoi abiti, ciò che di lui rimane proveniente da altre case è affida I suoi abiti, ciò che di lui rimane proveniente da altre case è affidato in questi giorni all'artista Luigi Presicce. Lui sa di travestimenti, di pose lunghe che figurano teatro... Certo ne avrà cura per far tacere la grancassa con il giusto omaggio!

mercoledì 15 febbraio 2012

Molleggiato Sanremo

Eccoli, di nuovo a far “grancassa”, dopo la neve, c'è Celentano, l'Adriano nazionale, il molleggiato. E come ogni “saga” che ha le sue conseguenti “seghe” eccoli, censori e “saputi” di turno, a fare il coro intorno al cantante-rètore. A fargli da spalla, così vuole la regola. Lui, con la sua scena abitata nella penombra da monitor che “dettano” il testo di qualsiasi cosa dica o canti, fa il neo-mistico: attacca la Chiesa, meglio la sua stampa per esaltare le funzioni terrene e “popolari” della Chiesa. Tutta retorica? Certo sì e, certo è, che dopo... un trafficare di titoli, di strilli utili solo a tener alto l'audience intorno ad un festival che, anno dopo anno, perde di senso. Non c'è più la canzone italiana! Non c'è più il “melodico” che l'aveva resa creatura del moderno e se c'è, è inascoltabile come l'orrendo arrivo in scena della coppia Bertè-D'Alessio, quadro pulp di una decadenza che cede lo stile e lo strappa dentro canoni non più italiani... ma sempre, Sanremo è Sanremo e ce lo teniamo!

martedì 14 febbraio 2012

Perchè, Sanremo è Sanremo?

Monti rischia grosso. Già, il signor Mario fa l'“antitaliano”. Dice no alla candidatura di Roma ad ospitare non so quale Olimpiade e poi, nel giorno "sacro" della cultura nazional-popolare manda la finanza a Sanremo. Sacrilegio! Quella è la quinta colonna culturale (e non solo) della tradizione politica (e non solo) italiana, quel palcoscenico aggiusta gli umori, li sintonizza per una settimana sul "nulla" cantato e le beghe possono proseguire sottotraccia al riparo, protette dal siparietto. Ma questo, 'sto Monti no, è un moderno "terrorista" lui (mi perdoni la parolaccia), un guastatore meglio... Quello è capace di togliere la sedia da dietro ad uno mentre si siede se solo ha un sospetto.... Una birba con il loden... se non fosse che è uno di “destra” starei lì ad obbedirgli a priori. Così, come si deve, ad un leader vero, ad uno che non ha paura di far dispiacere e tira dritto per il bene del Paese...

sabato 11 febbraio 2012

Gli asini e il maestro

















C'è una straordinaria immagine che rimbalza su facebook, nella "scena" del fotogramma compaiono l'asino Beto e l'asina Alfa. Uno porta in groppa un uomo, un maestro, si chiama Luis Soriano Borges, in bella vista un cartello con su scritto "Biblio-Burro". A seguire, l'altra, porta libri: costa contro costa su una montatura che pare una scansia di biblioteca. A quei tre ricorre "el pueblos más escondidos de Colombia" per "insegnare" ai bambini i libri. Libri, asini e maestri, nella virtù del dono (questa volta) nell'urgenza e nella bellezza della conoscenza dello scambio che è abitato dall'ignoranza, dalla curiosità e dal desiderio di riscatto. "Libri scrigno" che viaggiano di villaggio in villaggio. C'è da rimanere incantati di fronte a tanta "umiltà", in silenzio contemplare e “sentire” quella foto muoversi fino a farci ascoltare le voci che accolgono quei tre, all'arrivo in qualcuno dei villaggi sul cammino. E rimanere ancora muti riflettento su quanto poco i libri contino per chi vive con la pancia piena e....

venerdì 10 febbraio 2012

Maestrini in panchina

Insopportabili quelli in panchina, quelli che, nonostante gli acciacchi, le botte prese e la carriera spesa dietro una scrivania a servir le istituzioni e nel tempo libero gli alti rappresentanti dello Stato - a scrivergli discorsi e a suggeire strategie puntualmente disattese, o quando attuate risultate miseramente perdenti - ecco loro, non avendo più nulla da fare scelgono facebook e da lì pontificano... correggendo ora l’una ora l’altro, bacchettando ora l’uno ora l’altro. Menando politica al vento, con il loro fare snob e inaderente alla vita, alla realtà. Per loro è importante l’accento, la virgola, l’apostrofo, guai se manca la vocale. Han tutto il tempo loro di farsi le pippe, tanto mi sa che manco vengono più... e allora la menano agli altri da bravi maestrini! Mai sopportati i maestrini, i primi della classe. Mai digeriti... Purtroppo questa città ne è piena, la sua "parte sinistra" poi, meglio non parlarne...

giovedì 9 febbraio 2012

Le primarie dei forti

Accogliere l'altro, avere compassione! E’ questo il motore di un altro Mondo? Sentire sè il proprio corpo nella continuità con quello altrui? Sentirsi uomini e, dentro questo "sentirsi", elaborare una po-etica, una visione capace di desiderio. Questo forse è stato in un'origine lontana. Forse! Questo, forse, sarebbe necessario adesso? Adesso. Ma le mani degli uomini sono ferme, gli è dato solo scegliere di far ics su nomi lontani dalla carne e dalla vita. Si vota! Ma è divenuto così vuoto quest'atto... Così desolante che pare chiaro il gioco. Si schierano per difendere fette di potere, non perchè capaci di essere generanti di "visioni" o di "idealità". Qualche volta accade ma... è triste scriverlo è stato così a Lecce per le primarie passate dove i più forti han fatto quadrato per difendersi e sarà così per le primarie che verranno dove i forti tentano di far saltare il banco. In campo tutti... A scapito di chi?

mercoledì 8 febbraio 2012

Abitare con i libri

I libri sono cosa preziosa. Non so quanti ne ho comprati in vita mia e quanti ne ho letti o avuti fra le mani col desiderio... L'importante era averli attorno. Stare con loro, sentirne la presenza, la compagnia. Già, in una casa con i libri non è mai "solitari". "Coste", copertine, titoli, autori abitano con te lo spazio capaci di trasformarlo se solo decidi - chissà per quale misterica sintonia - di cascare dentro la pagina. Non sei solo, perchè sai, che in quall'angolo cova la Gualtieri, in quell'altro puoi andare a trovare Leopardi o Pound o l'Alda che poggia il suo largo fianco a quello magro di Valduga. E poi e poi e poi per tutti quelli che hai raccolto, conservato, perso hai un angolo di memoria dove ritrovi il passo, il ritmo di te insieme al senso che la lettura ti ha saputo donare. Che gioco strano l'abitare con gli autori. Con le voci portate dal prezioso lavoro degli editori chi più, chi meno, vezzoso nella confezione, chi più, chi meno, "prezioso" in ricercatezza e in rigore formale. "Mondi" che vivono nel tuo... "Mondi" che fanno il tuo.

martedì 7 febbraio 2012

Febbre e frugalità

Ti spacca le mani la febbre, almeno a me fa così. Senti come un chiodo che ti entra tra le ossa. Non per citare altre "nobili mani" che quel martirio l'hanno subito, ma è proprio così, che sento: una fitta di costante dolore che lento spezza. È freddo, ancora freddo e ripenso alle cose scritte nei giorni scorsi. Alla sapienza contadina, alla necessità del letargo come fase ed epoca rigenerante nelle "stagioni della vita" L'inverno mette a riposo i campi sotto la coltre di neve... Pensieri condivisi che hanno trovato eco. Questa settimana sarà ospite del Salento e della Puglia Serge Latouche colui che s'è fatto artefice della "decrescita", sarà prima all'Università e poi ospite di Corigliano d'Otranto, lì presenterà il suo libro "Per un'abbondanza frugale". Titolo folgorante. Già, la frugalità è valore da ritrovare, l'impermanente contro la cultura del possesso: la continua costruzione del presente che diventa vita condivisa nell'incontro. Fino a che febbre viene e poi...

sabato 4 febbraio 2012

Libri e lettori

Che fa Sergio Blasi, bibliotecario prestato alla politica, nel bel mezzo del suo cammino politico? Facile: gli “Stati generali della lettura e del libro in Puglia”. Ohi!, impegnativo. Tutti intorno ad un tavolo gli addetti ai lavori a tessere strategie, come generali, appunto. Un manifesto grigio segnato da grafica austera li annuncia a Bari per il 9 e 10 febbraio, nella biblioteca provinciale ospitata in Santa Teresa dei Maschi nel cuore del centro storico. Ci son tutti coloro che in un modo o nell’altro hanno a che fare con la meraviglia del fabbricare e del promuovere i libri. Ma oibò, un assenza c’è... in quel programma mancano del tutto i lettori! Se li son dimenticati? Già, è difficile immaginare dei lettori organizzati. Ma in Puglia sono nati i Presìdi del Libro. Associazione che a Bari ha promosso più di un forum del libro... chissà perchè si ha sempre la pretesa di partire da zero... Bha! La cultura lievito non fa mai pane?

venerdì 3 febbraio 2012

Freddo?

È allarme! Sembra quasi che il freddo non abbia mai fatto parte della Storia dell'Uomo. Evidentemente i nostri geni hanno già scordato la grande glaciazione. Si grida all'eccezionalità. Un'eccezionalità usurata, è tutto tale ormai: eccessivamente strillato. La cronaca detta e tutti dietro a calarsi sciarpe e cappelli, come se non fosse mai capitato prima... Possibile che siamo così idioti? Ieri, in Tv seminavano "eccezionalità": c'è neve in Romagna, nelle Marche, in Umbria e anche a Roma, sul Vesuvio, fino in Puglia... Tutto bianco! Ma che bello! No? Non è bello? Sì è bello, ma solo se si trova accordo con quanto accade, se si decide di assecondarlo l'evento. La neve ti ferma, ti costringe all'attesa. E' un freno! Ben venga, è un miracolo! Ma no... non esageriamo, le scuole chiuse, ma che meraviglia... almeno un tempo era così, ma adesso, che palle i figli per casa, la famiglia tutta unita intorno al "focolare", non la sopporta più nessuno... Non resta che sperare in un'altra glaciazione... Per rinascere?

giovedì 2 febbraio 2012

Omaggio ai maestri

Ho avuto un maestro, uno dei pochi che mi sono accuratamente scelto, prima incontrato sui libri, poi vivo in Sicilia, a Partinico, Danilo, si chiamava. Dolci di cognome. Una volta mi mise in mano il seme di una ninfea. Uno straordinario e complesso organismo. Un corpo galleggiante. Era un esempio di "reciproco adattamento creativo": c'era stata una "sensibilità" a governare un processo che nel tempo aveva prodotto quelle modificazioni utili a che, delle "alterità", potessero convivere, esserci ed essere uno. Sintesi di un'esperienza. Quella “scuola” l'ho portata in consegna. Un'altro maestro, un'altro dei pochi che mi sono accuratamente scelto, quella “consegna” me la fece vivere in teatro, nell'amalgama del gruppo. Cesare si nutriva dell'errore e quell'errore lo rendeva generativo di una poetica sempre in cerca di "bellezza". Che fortuna aver avuto dei maestri, la politica sullo sfondo, non era materia di parole, ma di pratiche....

Piccoli profughi, "tenero" libro
























Venerdì 3 febbraio, alle 18.30, si presenta anche a Nardò, alla Stazione Ics in via Sindaco Manieri, il libro “Piccoli Profughi. Narrazioni di esclusioni e accoglienze”, con gli autori Partecipano, oltre agli autori, il Sindaco di Nardò, Marcello Risi e la docente di Letteratura albanese dell’Università del Salento, Monica Genesin

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Capita che un "oggetto" sia immediato portatore di "tenerezza". Qui, non si tratta di "vezzeggiare", qui, la "tenerezza" è cosa concreta: seme di incontri e di relazioni che maturano nella pratica del dialogo e dell'accogliersi.
La "tenerezza" sta nell'oggetto e nelle soggettività che fanno il libro. Già, il libro. È quello il testimone che giunge a noi. La "tenerazza" la trovi nella sua accurata confezione e la trovi tra i righi, che se li tocchi vengono in rilievo, come per le antiche stampe fatte con le inchiostrature dei piombi. La "tenerezza" dico, viene fuori, confusa a quelle parole e come atto generativo di quelle parole, atto che sta prima, anche prima del desiderio, nella natura stessa di chi vuol farsi protagonista di una storia. In chi da "uno" vuol farsi "due", e l'io farlo diventare un noi. Un noi largo, corale che tesse scritture e sapienze, differenti negli umori, nelle tensioni, nelle aspettative, ma capaci di trovare attraverso la "tenerezza" il viatico per l'"unità", il progetto, l'opera: il libro...
È persa l'abitudine a considerare la "manifattura", la si crede cosa superflua. Cosa scontata la manualità, l'artigianalità. Cosa scontata il lavoro... Non è così. Non deve essere così! Cos'è che giunge nelle nostre mani? Perche è prezioso un libro, questo libro? Perchè in esso c'è cura. Molta cura, amore anche! Perchè in esso è contenuto un atto necessario ed è capace d'essere libro oltre la consuetudine del libro. Tenero, nella coperta di un "bel blu", col segno del pesce e le finiture grafiche che lo segnano, attraversandolo. Ecco allora che Oistros si presenta (dopo una bella edizione dedicata ai versi del giovane Carmelo Bene che ho avuto solo per pochissimo tra le mani) con questa capacità di ideazione e di "confezione", progetto altro che nella piega dell'industria sceglie le "mani".
Il libro è “Piccoli Profughi. Narrazioni di esclusioni e accoglienze”, dedicato "alla memoria di chi abita i cimiteri del mare" è firmato da Alessandro Santoro insegnante precario e regista votato al teatro sociale e da Edison Duraj, piccolo profugo albanese, sbarcato da un gommone sulle coste del Salento a 9 anni. Con loro tanti altri "facitori" quelli d'arte (Antonio Rollo autore del progetto grafico con gli illustratori Martin Petrič - che è anche tipografo!!! - e Grazia Tagliente) e quelli di scritture (Francesca Santoro, Luigi A. Santoro, Beatrice Chiantera, Mario Balsamo).
Dopo il "debutto" di venerdì 27 gennaio, ai Cantieri Teatrali Koreja di Lecce, questo secondo appuntamento di presentazione dell'esperienza, fa sosta alla Stazione Ics, che rappresenta per Nardò il punto di partenza e di transito per una nuova stagione culturale e che sembra il luogo ideale per accogliere le due voci che dialogano per dodici capitoli i cui titoli sembrano ispirati a quelli del Don Chisciotte di Cervantes.
Un viaggio tra le sponde dell'adriatico, ma no solo! Tutto in "Piccoli Profughi" ha una densità diversa, altra, dicevo prima, di riamndi, di sponde che si toccano... Di "tenerezza". Cos'è accogliere la voce di chi non c'è più? Portarla, renderla ancora voce, attraverso i dubbi, le interrogazioni, le paure... leggiamo da una nota che presenta il libro e l'"editore":«Come nel testo cervantiano, anche in Piccoli Profughi le storie dei protagonisti si aprono per far entrare narrazioni di altri autori; persone coinvolte nelle vicende di Edison e Alessandro, ma anche protagonisti d’interventi culturali o sociali che hanno inciso profondamente sul destino del Salento. La nuova casa editrice Oistros è nata prima di tutto per rendere leggibili le tracce del lavoro dell’Oistros nel teatro, nel processo d’integrazione dei diversi, nella riscoperta delle culture del territorio. Il gruppo fondato da Gino Santoro, su sollecitazione di Sandro D’Amico e con la guida di Giorgio Pressburger, oltre quaranta anni fa, ha svolto in questi anni un prezioso lavoro di raccordo tra la ricerca accademica e il lavoro sul campo. Basti pensare al progetto “Teatro in un territorio senza teatro” realizzato insieme all’Odin Teatret a Carpignano Salentino da giugno a ottobre del 1974 o a “Il ragno del dio che danza” da aprile a ottobre del 1981».
Momenti fondanti, di semina di quello che oggi siamo! Buona lettura!

mercoledì 1 febbraio 2012

Letargo

Sarebbe bello se stamane tutto fosse tinto di bianco: la neve, la coltre che calma, che frena, che ferma, per giorni così, di letargo. Già il letargo. Non siamo abituati noi, di cultura metropolitana, al letargo. Eppure nell'affinare pratiche di sostenibilità e di de-crescita dovremmo farci un pensiero. Perchè "in culo all'economia" non pensiamo di fermarci? Gli animali lo fanno. "Durante i periodi più freddi, loro devono si adattano a stili di vita diversi. Molti riescono a mantenersi attivi e a procacciarsi ugualmente il cibo, altri migrano verso luoghi più caldi ed ospitali. Alcuni mammiferi - e a quelli io guardo - preferiscono invece trascorrere i mesi più difficili in uno stato di torpore più o meno profondo. Ecco, cose che i contadini sapevano, animali anche loro, facevano provviste e poi riducevano al minimo necessario i lavori in campagna, che anche la terra lo sa il letargo. Ecco vorrei essere un ghiro e dirvi buongiono appena sveglio, in primavera!

Frrr... F(r)isco

Frrr, freddo! Ieri mattina si stava bene al sole, scaldava e come lucertola il cammino scansava l’ombra. Poi volubile il cielo s’è scurito. E’ così, capita, è la vita... E bello pensare che qualcosa cambia. La radio raccontava del nuovo “regime fiscale” che forse fa “educazione”. Come sarebbe bella un’Italia equa, capace di un profondo rispetto tra le persone. Non è facile. Qualcuno dice che
si comincia sempre dalla parte sbagliata. A pagare son sempre i più “deboli”. Ma a
pensarci non è debole chi tiene un bar, sui Navigli a Milano con dieci persone senza alcuna tutela e non rilascia scontrini. No, non è debole, è un furbo? No, neanche... è... lasciamo perdere. Certo partire dai medici non sarebbe male, quelli che per una guardatina si beccano una trecento euro, così come fosse una mancetta. E lì che il dovere civico ed etico dovrebbe per primo abitare. Ma non è così, e allora? Nulla cambia!