Diario d'estate – La Notte della Taranta n°15
Mauro Marino
C'è un rito estivo che richiede una particolare ginnastica:
preparare il polpo al piatto. La preda si sbatte sullo scoglio più e più volte; la durata dell'atto - che viene compiuto con particolare ostentazione per far
invidia all'intorno - determina la morbidezza del cucinato. Il polipo perde la
sua tensione, s'arrende ed è fatta: gnam, gnam, gnam... C’è chi lo mangia crudo
con i piedi a mollo felice di mostrarsi selvaggio al cospetto del visitatore.
Così è il Salento.
In quest'estate ho sofferto dell'acuirsi del male della
complessità, ogni “cosa” l'attacco all'altra e m'è difficile discernere,
distinguere... Sarà per il fatto dell'Ilva che "dicono" influisca
perfino sulle cozze in mare... Sarà l'amara contingenza nazionale che allena
gli occhi al listino d'ogni cosa... Insomma, il rammarico, invade e non ho occhi
e orecchie libere per far l'ascolto al riparo...
Melpignano sabato 25 agosto, 15° concertone del Festival
della Notte della Taranta. Maestro concertatore Goran Bregovic da Sarajevo.
All'arrivo m'accoglie la squillante voce tutta
di testa di Vituccio, Vito Nigro, l’uomo delle capre. Vitucc’ de Carcagne, il
“padrone di Villa Castelli”. C'è ancora luce in cielo l'ultima del tramonto e
guardiamo in alto a scorgere la grande mole di Giandomenico Caramia che lì
abita dallo scorso dicembre... Si fa buio e i suoni continuano, sommano a
strati emozioni ma... Mi sento distante. Sensazione nuova. Mai
provata in questi lunghi anni di militanza e di attaccamento all'evento degli
eventi. Che accade?!
Nella conferenza stampa di venerdì le prime avvisaglie: la
sensazione di un sentimento di estraneità...
La cultura della campagna s'è fatta spettacolo, s'è data una
regolata. Una scatola formale. Amara cosa constatarlo, non c'è freschezza.
Entusiasmo. Ogni cosa si ripete in un rituale che, battuto e ribattuto sullo
scoglio, s'arrende...
La “campagna” adesso è sul palco, Vituccio ha citato le sue
capre. La sua libertà.
Ma, la campagna di qui, oggi, non è più campagna, volta com'è alle
coltivazioni delle energie "rinnovabili" e al dover far strade. Cose
che sappiamo...
Ma perchè quel popolo che per primo dovrebbe levarsi a
difesa della terra tace? Perchè anzi, con larga maggioranza, dice sì allo stupro?
I "morsi” tornano e la taranta cambia livrea. Prima era
la carne e il “sentimento” la preda, adesso è la terra. L’ambaradan della pizzica pizzica, col suo tornare, a far da contorno: a sanare o a far
dimenticanza?
La domanda mi ossessiona...
Melpignano è stata ed è la “cucina” del “passaggio”. Si viene qui per
“dimenticare” per una sera lo scempio e lo sconforto che ci prende se guardiamo
ciò che accade.
La musica, il veicolo di una compensazione tra ciò che si
perde (l’ultima integrità territoriale) e ciò che si conquista (l’evidenza
“culturale” di oggi) con la Fondazione ben agganciata ai puntelli “nazionali”
(e qui una domanda impertinente viene spontanea ma quella della Taranta è
depandance degli Italiani Europei? Bha! Così pare ai malevoli che non capiscono
il perchè delle passerelle estive di Massimo D’Alema sul tappeto degli
Agostiniani) che trova la celebrazione dell’Accademia e della rete Tre di Radio
Rai - luogo-spazio di massima elezione intellettuale in Italia - che per due
giorni si è interrogata sul senso della festa e dei festival.
Insomma giriamola a pizzica pizzica è il prezzo da
pagare... Tutti contenti, ballati! ballati! Dimenticate. Non ci sono parole
politiche qui, solo suggestioni retoriche come quelle ascoltate in conferenza
stampa. Solo intendimenti, quelli di sempre, ma del Salento delle sue urgenze
ed emergenze niente. Stop! Dimenticate, giriamola a pizzica pizzica.
La festa smetta se non c’è coscienza. Che la festa sia utile.
Così penso...
Questa terra è piegata, possibile che non se ne accorgano?
Una terra che spreca, si spreca. Non c’è attaccamento e la tradizione più che
salvataggio-salvagente per tenersi a galla nella "mancanza" e come polpo battuto
sullo scoglio... Battuta e ribattuta per farsi tenera... commestibile...
Non c’è cultura contadina a dettare la regola, quella, la
regola è a cura dell’aristocrazia (più o meno riciclata) la stessa del
latifondo che fece braccianti i salentini, quelli stessi che oggi si spendono
col lavoro di braccia e voce sul grande palco... L’amaro lavoro vuole sempre riverenze... si è piegati e mai
proprietari... Questo scontiamo nella ferita. Non serve gridare da un palco se
poi c’è la rassegnazione di una terra che rischia di perdersi così come la
musica, la nostra, che sembra, di edizione in edizione, smarrire la sua
originalità nell’eccesso. Presa qui, oggi, ad inseguire gli eccessi degli
ottoni che volano senza alcuna geometria compositiva, concertativa.
La Banda di Racale rimedia, “all’attacco”, con un classico
del repertorio di Goran Bregovic: “kalasnijikov kalasnijkov"... Una cascata di
suoni, “uniforma” nella verticale la scena e fa sangue nell’op op op di una
tradizione, quella d’oltre adriatico che, con la musica, ha de-cantato il Potere
e il subire, donandosi al mondo. Un bum bum bum che sarebbe forse utile a far
“saltare” la finta cabala (Mimmo Paladino dopo Novoli lo vediamo pure a
Melpignano... Bha!!!) esposta a sfondo di
un palco rimasto, fino alla repentina fine del concerto, enigmatico nella sua intima finalità.
Nervoso e teso nonostante lo sbattimento che questa volta
ha rischiati di rompere lo scoglio!