domenica 6 aprile 2014

Un film e la speranza per il Salento


La locandina del film


“In grazia di dio”, il film di Edoardo Winspeare

Le parole della radio raccontano lo sfondo, quello della Storia: l'incubo greco non è lontano da Finibus Terrae; lo sciopero degli autotrasportatori ferma la circolazione delle merci; la fabbrica, il laboratorio tessile costruito con le povere rendite "della Svizzera", rimane senza commesse, il “padrone” di Treviso ha scelto la Cina... Poi, lo strozzino della finanziaria e il complice “zzenzale” che si prende la casa e poi, ancora, il precipitare nella depressione che a tanti toglie il desiderio della vita.
Questa volta no! La crisi è la cornice ma il reagire è diverso, tutto tenuto nel viso tragico e nell'inconsolabile incazzatura di Adele, la protagonista di “In grazia di Dio” nuovo film di Edoardo Winspeare presentato nei giorni scorsi - senza il consueto "spolvero" delle prime - a Lecce, nella sala del DB d'Essai, dov’è in questi giorni in programmazione.
Una storia qualunque, quella di chissà quanti, ma questa volta c'è la determinazione a non cedere, a non lasciarsi travolgere dalla paura.
Una lunga sequenza, lenta, segna l’entrata nel "tempo nuovo", attraversa la campagna, non c’è suono… è tutta da costruire la scommessa per il futuro, indeterminata, solo legata al pensiero e alla certezza del dover faticare, di nuovo faticare, per rimettersi in piedi...
E, il futuro, è nel passato, ben custodito dalla fierezza della madre, nell'amore che può venire ritrovando insime "…l'odore della merda", della sudore, della campagna. Manca il letame per rendere fertile ciò che il Tempo ha dimenticato. Già manca… andiamolo a cercare!
Un film nervoso, teso, detto in un dialetto puntuto, mai pacificato, traversato e travagliato dalle continue impennate dell'umore dei protagonisti... Non c'è il Salento idilliaco, cornice, tante volte vista, nelle pellicole di questi anni, a ben guardare, mai, nel cinema di Edoardo Winspeare, nella sua poetica, sempre in bilico tra "urgenza" e "speranza", così è stato nelle sue fatiche precedenti, così è in quest'ultima opera scritta con Alessandro Valenti.
Quello che Winspeare ci mostra, è un Salento emblematico, metafisico, dechirichiano in alcune inquadrature: il monumento, lo sfondo della chiesa, la fuga prospettica in paesi vuoti di vita, in contrasto, con la densità del paesaggio: aspro e bellissimo quando la mira è alla natura, al suo continuo mutare. Regale, nella sua umiltà, quando il lavoro porta dedizione e chiede, alla terra, di far colori, di far frutti, per lo "scambio". Un baratto nuovo, virtuoso, vitale - quello raccontato - riscattato dalla soggezione della colonìa, scelto orgogliosamente da Adele, in autonomia, strumento per la speranza. "In grazia di Dio” si può scegliere di sottrarsi, allora, di re-inventare la vita.
Il piccolo appezzamento di terra nella culla della cava, è la metafora visiva più completa dell’ideologia di questo film intensamente politico. La terra da custodire, da proteggere.
Il “no”, il non cedere, ci fa comprendere come la risposta alla crisi sia nella lenta riappropriazione e conquista del Tempo, una costruzione bisognosa di re-interpretare lo spazio vitale, di difenderlo, di proteggerlo donandolo alla sua più intima vocazione, quella rurale, l’unica capace di rendergli grazia!
Quanto è a rischio, quanto è fragile questo nostro Salento… Frana, adesso, sull’orlo delle coste e c’è chi, per correre ai ripari, ancora di più vuole esporlo all’usura, alla “consumazione”, come quella della gioventù ritratta nel film, nata sconfitta e senza desiderio se non quello animale di una sessualità vissuta solo per “svuotarsi”... che, se poi trova il pieno d'una nascita, guai alle puttana...
Il coro delle donne pare essere l’unico esito possibile. Delle donne e di quegli uomini capaci di trovare in se stessi, sempre vivo, il dono della tenerezza. In quella pietas cova la speranza!