giovedì 27 dicembre 2012

Se Sel diventa la cucina della politica

La bottega di Marco Povero, a Lecce, lì dove Sigismondo Castromediano guarda il palazzo del potere cittadino offrendo in dono un libro, è luogo che fonde e virtuosamente confonde odori e sapori. Un luogo del cibo e della convivialità che, ieri mattina, nel giorno di Santo Stefano, ha accolto la dichiarazione di voto di Carlo Salvemini - outsider politico, ispiratore dell’Associzione Lecce Bene Comune - per le Primarie indette da Sel, il prossimo 30 dicembre (in concomitanza con quelle del Partito democratico) per scegliere i candidati alla prossima corsa parlamentare. Accanto a lui, la “strana coppia”, così l’ha definita il  consigliere comunale: Sonia Pellizzari e Dario Stefàno.
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Una giovanissima donna, “precaria, madre e convivente” e un uomo delle Istituzioni, già in Confindustria e con Nichi Vendola eccellente Assessore alla Agricoltura, uno dei tratti distintivi di una capacità di Governo votata, in questi anni, alla piena valorizzazione delle risorse e delle molte qualità produttive della Puglia.
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Due esempi - Pellizzari e Stefàno - di quei “sapori” anche differenti, anche lontani che la migliore Sinistra ecologia e libertà sa esprimere quando mette da parte le “vecchie” categorie della politica - quelle strette dell’appartenenza o quelle di un ostentato “rigore” ideologico - per volgersi al nuovo, ad una contemporaneità che chiede alle militanze di farsi prima interpreti del proprio “personale politico” per poi divenire testimonianza, proposta, atto, lavoro nei territori.
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Questo delle primarie è la continuazione di “viaggio” (per usare un termine di Sonia Pellizzari) cominciato quasi dieci anni fa che trasversalmente coinvolge generazioni  diverse, quelle   che hanno compreso - nella Puglia Migliore di Vendola - che l’esercizio e la pratica politica sono realizzabili e virtuosi quando fondati sulla reale esigenza di coniugare un’istanza di Governo con il “sogno”, con l’utopia che chiama a guida la “bellezza”,  così come fa Marco Povero nella sua bottega, così come fa un cuoco quando chiama il gusto ad osare, nel confronto con una pietanza...
O come accade in un concerto, o nell'allestimento di una mostra oppure, oppure, oppure...

domenica 23 dicembre 2012

Manca qualcosa?

Sarà che son stupido - me lo dico ogni mattina, al risveglio, nel continuo cercare di capire ciò che non capisco... ma  come si fa a non considerare spreco, inutile spreco, (anche se dicono gratuito) il modo in cui, l’Amministrazione Comunale, offre il Natale ai cittadini... Leggete: “Dopo le luci, l'albero sull'ovale della piazza, il raggio laser che attraversa in direzione Betlemme tutta via Trinchese, la grande stella cometa, il presepe nell'Anfiteatro Romano e il 3D Video Mapping sul Palazzo INA di piazza S. Oronzo arriva, ultimo in ordine temporale, il contributo dell’Assessorato di Andrea Guido: una monumentale immagine sacra della Madonna proiettata nei pressi dell’anfiteatro a fare da sfondo al grande presepe”,  così in una nota dell’amministrazione comunale. A che serve tutta questa “roba” certo non aiuta a comunicare il senso di questo Natale. Forse ci vogliono ispirare speranza? Bha! Qualcosa manca...

sabato 22 dicembre 2012

Lui è solo, speriamo!

“Neanche una telefonata, m’ha fatto” si lamenta Silvio Berlusconi con Mario Monti , da lui nominato “federatore” del Centrodestra... non ha voluto!?, e allora botte... Attacca, il conducator, ops... il federator;  se attacco si può chiamare il continuo vaneggiare  di chi, isolato, cerca di mantenersi a galla. Che questo fa l’uomo col doppiopetto e la camicia nera sfondando le orecchie agli italiani appena gli è a tiro un microfono o una telecamera. Se non ne vede, se li va a cercare, e m’immagino la pena del suo ufficio agitazione e propaganda  - anche se, in verità, credo faccia tutto da solo, chi mai gli può star dietro? - a dover chiamare quello e quell’altro per concertare ospitate senza contraddittorio. Scontate quelle giocate in casa ad uso e consumo dei lacchè... le altre verranno e ci accorgeremo che Lui, è solo, sempre più solo. Neanche un “fratello d’Italia” a far compagnia... Insomma il “centrino”, quello del vaticinio per Monti, sarà il suo. Speriamo!

venerdì 21 dicembre 2012

Le Manie e l'Ascolto XII edizione per Edoardo De Candia



Il Fondo Verri organizza l’XII edizione de Le Mani e l’Ascolto – incontri con il pianoforte tra parole e suoni, appuntamento ormai consueto nel cartellone che l’Amministrazione Comunale di Lecce stila e promuove per le festività del Natale e del Capodanno.
Il pianoforte, gli interpreti di questo meraviglioso strumento e poi libri, esperienze autoriali, ricerche sonore e visuali per una rassegna di suoni e di parole che avrà luogo e pubblico dal 27 dicembre al 5 gennaio nella sede dell’associazione in via Santa Maria del Paradiso. Questa dodicesima edizione è dedicata ad Edoardo De Candia - “Cavaliere senza terra, visionario e purissimo” così lo definiva Antonio L. Verri - nel ventesimo anno delle sua scomparsa
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Lecce è città che dimentica. Ricomincia sempre daccapo scordando facilmente maestri e radici.
Alla materia della memoria è dedito il Fondo Verri inseguendo il filo delle immagini e dei ricordi dedica il suo lavoro mantenendo desta la visione di un percorso organico e storico, nel divenire dei segni espressivi.
Attenti al margine, alla linea di confine, alla luce “minoritaria” che sempre nutre e cresce tradita dai più nella loro urgenza di consumare il Tempo.
Pochi, ormai, lo ricorderanno, Edoardo De Candia, l’artista, il pittore, quello che se ne andava in giro per la città, sempre a piedi con un rotolo di “pitture” sotto il braccio.
Lui, era un uomo “liquido”, imprendibile! Uomo del mare e dei boschi. Un uomo della natura, uno che non capiva la città, il divenire del “rumore” quel mormorare sempre dissacrante nel negare al corpo le sue necessità.
Edorado De Candia era corpo, azione e volo. Chi ha avuto la “fortuna” di prendere da quel rotolo, qualche sua figurazione, può capirlo questo, scovando il gesto nella velocità del tratto che mostra una marina, una pineta, un cuore catturato, chissà quant’altro in quello “sbrigarsi a fare” che, lasciando la pittura allo scambio, permetteva di far vivere la santità dell’essere, del suo esserci nella negazione. Una regalità la sua nudità, mai ostentata ma necessaria, performativa diremmo oggi: segno e monito, quell’essere Tarzan nella città, quel suo continuo camminare che neanche l’elettroshock è riuscito a fermare…
Edoardo De Candia morì a Lecce il 6 luglio del 1992, era nato nel 1933 da Margherita Querzola e Giuseppe De Candia.
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Il libro che accompagnerà l'intera XII edizione è “Edoardo” di Antonio Massari, pubblicato nel 1998 dalla Edizioni D'Ars.

La fine è non iniziare

Fine o inizio? Che importa! Solo marketing! Propaganda per dar benzina ai media. Stare a vivere è altra cosa! Guardo, intorno si muove la città, persa dentro una frenesia che non ha orizzonte. Frastornata. Sconfitta. Luci, lucine... a tenerle una ragnatela di fili, tutti a vista, orribili, quasi che l’allestimento non sia da guardare al mattino, nella sua approssimazione. Anche la musica diffusa sul corso della passeggiata: “Una cosa fastidiosissima” dice uno. Allora, non sono solo a pensare che tutto questo “festeggiare” è spreco! Solo spreco! L’assenza di un’idea di sobrietà, di rigore, di capacità creativa nell’ immaginare che il Natale può essere cosa diversa, che un presepe si può fare anche senza spendere una lira, posizionando un bambinello nella casa del Sedile... Ecco, la “fine” vera è in questo continuo consumare, in questo sprecare possibilità di rinascita... di nuovo pensare. Nell’occasione persa di mostrarsi come altra cosa.

giovedì 20 dicembre 2012

Bersani e le figliolanze

Si fanno nomi, in rete ed anche sui giornali, di candidati per il Partito democratico alle prossime elezioni politiche... e si fa scuro il cuore! Siamo alle solite: il problema leccese è un problema antropologico e non politico. Un inchiodamento nell’idea dell’essere subalterni all’aristocrazia (con tutti i suoi travestimenti) che si perpetua nel tempo, seminado figliolanze nei sistemi di potere e di gestione. Che tristezza! Quella viene, soltanto quella! Che la rabbia, non val la pena di spenderla a suffragio. Non è tanto per i padri o per i figli... ma non si sentono meschini ad esser nominati così come si usava per i cavalieri, con lo spadone calato sulla spalla? Almeno quelli, alcuni almeno, andavano a far battaglia. Questi stanno lì a parlare, parlare, parlare... che alla lunga con la loro saccenza rompon le cervella... Anche se li spacciano per nuovi son logori e logorati, non vi pare?

sabato 15 dicembre 2012

Dal secolo precode, la poesia di Marco Vetrugno



“Il mio orgasmo è l’inchiostro di queste parole. Il mio sogno scarabocchiato ha il peso di un foglio. La mia ispirazione ha articolazioni ossa vene e pelle. La mia gioia è stare seduto a delirare silenziosamente perché i sogni di vino sono effimeri e non possono aspettare”. Sono i versi che accompagnano l’uscita  e la prima presentazione alle Officine Ergot,  in Piazzetta Falconieri a Lecce di “Poetico Delirio”, libro di Marco Vetrugno edito da Lupo editore. L’appuntamento è previsto per lunedì 17 dicembre,  alle 21.00.

"Questo è il mio secolo precoce"... Già, da lì scrive quest'uomo che tanta cura ha dell'amore! Per questo scrive, almeno così pare se lo leggiamo. Questo, la sua scrittura, testimonia.
Sprofondo d'occhi, i suoi, che hanno saputo il vuoto... Quello assoluto dei lividi fiaccati dall'abitudine, dallo scavo che solo il "desiderio" sa fare verso l'indeterminato nell'inseguirsi dei ri-morsi che mai "pagano" e appagano.
"L'ultimo dei romantici" capace di fare rotte, di perdersi "come Ulisse/ con i suoi remi eversivi", è Marco Vetrugno.
La poesia è corpo, corpo che affina il "canto": la possibilità di essere espressione, anche in chi annichilito, resta muto, sbigottito da ardori che nel cammino si son fatti nodi, complessità irrisolte... poi urlo, finalmente! Fiore di coscienza...
"Non importa se dovrò sanguinare/ perchè ora devo inventare la realtà/ devo vivere cercando di annientare la rabbia/ devo plasmare la malinconia in serenità" così scrive Vetrugno, nel Canto XXVII di questa raccolta di versi che son grida accolte sul margine dell'abisso.
Oh! come viene meglio la voce da quell'orlo... Da dove si è capaci di "incidere la resa", di distillare "veleno/ con la pazienza dei folli". Lì, "la leggerezza dello scrivere/ è un anestetico/ per i dolori delle scapole affaticate in cerca d'ispirazione"... "In cerca di me" scrive il poeta, che maledetto non è, non vuole esserlo. Lui fa ordine nel caos... A quello mira e... "un fremito/ di gioia/ irrompe/ sotto la pelle che non fa più male" quando gli ultimi "ricordi" e le "solitudini" son finalmente compresse in 29 kilobyte.
Questo suo “Poetico delirio” è nel cammino. L'esperienza macina il Tempo lo rende unico nell'interpretazione che l'uno fa della vita.

Marco Vetrugno - Nato a San Pietro Vernotico il 19.01.1983 e vive a Lecce. Provato dalla prematura morte del padre sospende il suo percorso di studi per intraprendere (deludenti) esperienze lavorative. Al suo rientro a Lecce, riprende la frequenza scolastica conseguendo il diploma all’Istituto d’Arte. Appassionato di letteratura, frequenta la facoltà di Beni Culturali ed è impegnato nella stesura di una seconda raccolta poetica.

venerdì 14 dicembre 2012

Un invito!


Le “Storie Terragne” approdano al Fondo Verri domenica 16 dicembre a partire dalle ore 19.
Un dialogo tra parole e segni materici per offrire un “assaggio” delle storie raccolte e del cibo che le accompagna. Il libro racconta le storie di sei produttori coltivatori e curatori della terra nel rispetto della sua fertilità, del suo ritmo e dei suoi sapori autentici e nasce nell'ambito del progetto di Principi Attivi 2010 “Ter/ragno. Storie di enodissidenti e gastroribelli”.
L'esperienza proposta dall'associazione “In alto a sinistra” vuole essere un viaggio che coinvolge tutti i sensi attraverso suoni, sapori, odori e visioni. Le storie di Maira Marzioni consegnate al segno essenziale di Gianluca Costantini, grazie alla cura di Francesco Maggiore, hanno trovato porto sensibile nel libro-oggetto “Storie terragne”: al Fondo Verri prenderà forma il racconto di questo processo creativo e artigianale. Il libro contiene traccia degli esperimenti di tipografia e calcografia impropria che hanno caratterizzato la ricerca avviata durante l’anno: timbri autoprodotti, orme di cibo e di elementi vegetali e caratteri tipografici originari, “radiciosi”, come le storie che vanno a raccontare.

Come nasce un libro? e un buon albero di gelso o una puccia con le olive? Dalle mani che tracciano segni essenziali sul foglio e sulla terra.

Il libro è approdato il 20 ottobre alla Masseria Sant’Angelo di Lecce nell’evento P-orto di terra, in cui tutti i fili intrecciati durante l’anno hanno dato forma  a un’atmosfera di viaggio, ascolto, incrocio di linguaggi e visioni. Ne è nato un piccolo collettivo di persone che con diversi linguaggi e differenti esperienze ha deciso di cercare nuovi approdi perché le Storie diventino ogni volta vive e ancorate ai diversi contesti in cui verranno presentate.
Gesti minimi essenziali, condivisioni attorno al cibo, racconti di r-esistenze sensibili.

venerdì 7 dicembre 2012

Natura morta in giallo


Domani, domenica 9 dicembre, alle 18.00, sarà presentato nella sala conferenze del Castello medievale di Acquarica del Capo il film-documentario Natura morta in giallo, dopo la proiezione al 30° Torino Film Festival nella sezione Onde. Alle 17.00, si terrà l’inaugurazione della mostra fotografica. La proiezione sarà replicata alle  20.15 e alle 21.00.
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“Il giunco, in dialetto leccese paleddhu o pileddhu (da piccolo pelo), è una pianta che cresce nelle zone palustri e a ridosso delle spiagge. La sua lavorazione, dalla metà dell’800, è stata fonte di sostentamento di molte famiglie acquaricesi ma, a partire dagli anni sessanta, la bonifica dei terreni  palustri, l’avvento dei materiali plastici e l’emigrazione segnarono il declino dell’attività. Oggi quest’arte sopravvive grazie ad una manciata di donne e uomini che coraggiosamente la praticano”.
Questa è la “natura morta in giallo” ritratta da Carlo Michele Schirinzi con gli allievi di un corso di cinema tenuto dall’autore e regista salentino per Cartagine Multi Servizi Soc. Coop. di Acquarica del Capo  nell’anno 2012, per i “Bollenti Spiriti”.
Un’opera di grande intensità visuale che coniuga la necessità poetica a quella documentaria.
Rendere omaggio alle mani artigiane alla loro sapienza, rispondere all’urgenza di trovare, in quel fare, il senso per una lettura possibile del presente, al riparo, dagli schiamazzi e dalle vane urgenze di quello che orribilmente si definisce  marketing territoriale: occasione usurante che tutto svilisce e svuota rendendo merce anche l’intimità di un tempo infinito, fatto di attese, per speranze condite di pazienza e di silenzio.
Quello per primo viene - mischiato ai “piccoli” suoni curati da da Stefano Urkuma De Santis -  guardando le immagini, tarate nella sempre più particolare lingua di Schirinzi, che dosa il divenire del racconto straniando la visione, muovendola nel dove non si vede, in una contemplazione che spinge a cercare, ancora “dietro”, ancora e ancora, spiando ed espiando,  in una sacralità gestuale che fa gloria e preghiera al tempo della Natura e al tempo dell’uomo in essa.
L’intreccio delle fibre diventa simbolo di un’unione, di una conoscenza, che sa muovere alla compassione, al giusto accudire, alla cura. Già, alla cura, ciò che oggi a noi, più d’ogni altra cosa manca per far di-venire ciò che è “morto”, vita...
Mauro Marino