giovedì 21 aprile 2016

Il cinema in carcere… un'occasione perduta


Il “cane occhio” del Festival del Cinema Europeo è giunto nella Casa Circondariale di Borgo San Nicola, in un soleggiato e ventosissimo pomeriggio (ieri mercoledì 20 aprile), effigiando le lussuose navette che hanno accompagnato gli ospiti: Elio Germano, l’attore; Luciana Castellina, in veste di critica cinematografica; il direttore della kermesse Alberto La Monica e poi il codazzo, testimone necessario della “parata” davanti ai carcerati.
Un’occasione perduta per far bella figura e dare senso al “cinema”!
Già, così è stato, semplicemente perché dove è necessario l’attore deve avere il buon gusto di non fare passerella e di fermarsi con chi lo ospita. Fare “cineforum” come si usava una volta: promuovere e sollecitare il “dibattito”. Anche perché, la premessa sembrava buona (almeno a parole…): “Carcere, teatro e riabilitazione” è il titolo nel programma del Festival di una sezione tutta dedicata alle esperienze di “animazione penitenziaria” – venerdì 22 aprile alle 18.00, sala 2 del Multisala Massimo - con un film documentario di Lara Napoli e Alessandro Salvini, dedicato al lavoro della Compagnia “Io ci provo” diretta da Paola Leone nella Casa Circondariale di Lecce e con il lavoro di Christian Cinetto che racconta quanto accade nella casa Circondariale di Padova.
“Grazie d’averci preso in considerazione” ha urlato una detenuta rivolgendosi a Germano, prima di chiedergli se è sposato o fidanzato. Un altro gli ha detto “il carcere bisogna viverlo per conoscerlo” e per rispettarlo aggiungo io, e, se è vero com’è vero, che “l’attore ha potere”, “l’attore è politico” (parole di Luciana Castellina) è misero il braccino alzato in segno di saluto dall’attore sommerso dal codazzo, che ha trascinato via la star verso i doveri mondani.
Nella grande sala-teatro di Borgo San Nicola la buona intenzione del “cane occhio” si è dissolta, una pessima figura del Festival del Cinema Europeo al cospetto dei detenuti, degli agenti penitenziari e del pubblico venuto da fuori. Un peccato ma sappiamo che l’esperienza creativa in atto nella Casa Circondariale di Borgo San Nicola saprà metabolizzare quanto accaduto e superalo… Anzi l’ha già fatto: oggi non si replica!

martedì 12 aprile 2016

La libertà dell’attore-autore



“Il teatro è teatro quando nell'atto interroga la natura stessa del suo essere teatro e la vita, nel filtro della scena, decanta il senso, lo chiarifica, lo rende segno e significazione” un pensiero elaborato al cospetto della scena, interrogandomi sulla “visione”, sorpreso ed entusiasta di quanto accade: c’è teatro, ci sono Compagnie e ci sono attori, molti e bravi, una nuova leva abita i palcoscenici della città e del Salento.
Teatri abitati da energie che non risparmiano fatica. Lavoro indomito quello del e per il teatro, necessaria l’umiltà per meglio calibrare il dono che l’agire chiama utile alla cucitura della relazione, dello scambio emozionale che muove dal palcoscenico verso l’altro, seduto in platea e viceversa in una virtuosa e generativa circolarità. La giovane drammaturgia è un modo per capire cosa accade nel presente e al presente. Lo sguardo sul reale, frontale, diretto dei “giovani” - senza le mediazioni e le presunzioni dell’esperienza, dell’età - nutre la scena, scardinando consuetudini stilistiche e i manierismi della ricerca.
Penso a Antonio Palumbo e Manuela Mastria, al loro “Hana-do Teatro” e alla messa in scena – nel settembre scorso, in un capannone in disuso della Cooperativa Nuova Contadina di Andrano – di "Waiting for Job - resistere è amare", un atto liberato dalla “narrazione”, colmo di poesia, dove il verso è declinato con l'intero del corpo e l'agire teatro riconquista il suo indeterminato per farsi pura visione, abbandono nella contemplazione dell’accadere.
Penso alla freschezza della “Cuspide malva” gruppo tutto al femminile – Iula Marzulli, Manuela Mastria, Francesca Greco, Adriana Polo - che reinventa il teatro canzone proponendo andature poetiche per raccontare l’amore, il cibo, il cinema e per “condividere con il pubblico l’importanza della parola e del suono”.
Penso al denso minimalismo di Alessandra Crocco e Alessandro Miele – autori/attori di un percorso di sezionamento drammaturgico de “I Demoni” dostoevskiani, prima con un trittico di assoli, studi ambientati in luoghi non teatrali, sfociati nel gennaio scorso in “Fine di un romanzo” dove i due erano accompagnati in scena da Giovanni De Monte, Rita Felicetti e Maria Rosaria Ponzetta.
Penso all’infaticabile Riccardo Lanzarone attore palermitano “naturalizzato” pugliese visto in scena ai Cantieri Teatrali Koreja in scena con il trombettista e sound designer Giorgio Distante in “Codice nero”, un atto teatrale rivelatosi di rara intensità. Il corpo - i corpi dai quali l’attore entra ed esce sapientemente calibrando posture e voce – per un viaggio “romantico”, a ritroso nella sua storia personale e nel sistema sanitario nazionale.
Penso alla reinvenzione del teatro espressionista che Principio Attivo rende militanza sul palcoscenico e per strada. Alle variazioni shakespeariane della Factory. Penso ai “funamboliche” mise-en-scène di Aldo Augieri che recentemente ha proposto al Teatro Paisiello “Scandalo negli abissi” ispirandosi ad un fiaba di Celine.
E penso alle magnifiche prove teatrali che Paola Leone agisce con “Io ci provo” dentro e fuori il carcere di Borgo San Nicola. Scena dove l’essere attore coniuga l’atto con la più profonda necessità espressiva, quella che segreta abita ogni individuo quando indaga la propria “ferita”.
Ecco quello dell’autorialità è il perno su cui si incardina questo fare teatro. Una visione dell’attore che smargina i ruoli, smuove la regia e la porta ad essere attiva sul palcoscenico. L’attore-autore è l’artefice, in una visione solidale della costruzione scenica dove spesso il “congegno” dello spettacolo è mosso e sedimentato da due, tre sensibilità co-agenti nel pensare e nello stare: l’attore-autore muove la sua complessità ideativa da protagonista, attraverso la scrittura e l’interpretazione affidandosi agli altri attori – autori nella costruzione della coralità. L’esperienza di assolo sedimentata in questi anni da Fabrizio Saccomanno, Ippolito Chiarello, Fabrizio Pugliese, Angela De Gaetano trova “compagni” sulle tavole del palcoscenico, alla pari, un “ambiente” finalmente, quello del teatro salentino, dove le energia si scambiano, fluiscono, al di là dell’appartenenza, in libertà, per provarsi nell’arte.

MAuro Marino per la rubrica Affreschi&Rinfreschi CoolClub.it Aprile 2016