mercoledì 28 marzo 2012

Goran Bregović alla NdT

Saranno contenti all’Albania Hotel o gli ultimi Mascarimirì votati al sound gitano, forse ancor di più la Banda Adriatica... Esperienze di ascolto e di dialogo trans-frontalliero che hanno fatto sintesi e tanto suono...
Ancor di più, lo saranno, tutti i musicisti che il Salento ha accolto in questi anni di “attese” dall'altra sponda. La folta schiera di rinnovatori della musica salentina che son stati in questo “luccicar territoriale” linfa trasversale ai generi. Ah! quanto dobbiamo, noi qui, alla sensibilità musicale balcanica e soprattutto al rigore e alla formazione accademica di molti degli interpreti divenuti (per nostra fortuna) salentini.
Insomma udite, udite!
E’ fatta, dopo il “minimalismo” e le architetture del binennio di Ludovico Einaudi, le “stanze” della sua narrazione (per dirla alla Vendola o anche alla Blasi) si liberano e si “arieggia” volgendosi alle "fanfare"...
Dopo giorni d’attesa l’autore delle indimenticabili musiche dell’ “Underground” di Kusturica - solo per citare uno dei suoi capolavori - ha sciolto la riserva e... «La Fondazione “La Notte della Taranta” è lieta di annunciare che Goran Bregović, compositore e musicista di fama internazionale, sarà il Maestro Concertatore della quindicesima edizione del “Festival la Notte della Taranta”. Il 25 agosto il maestro Bregović dirigerà l’Orchestra della Notte delle Taranta sul palco di Melpignano, dando vita ad un progetto musicale originale, in cui le musiche delle due sponde dell’Adriatico si mescoleranno nella meravigliosa cornice del Convento degli Agostiniani. La Fondazione ringrazia il Maestro Bregovic che, dopo una visita nel Salento e un confronto con alcuni dei musicisti dell’Orchestra e nonostante i suoi numerosi impegni internazionali, ha deciso di accettare con slancio questa nuova sfida, in cui la musica tradizionale salentina si unirà ai suoni dei Balcani. Ancora una volta “La Notte della Taranta”, il più grande festival europeo di musica popolare, sarà un importante luogo d’incontro di popoli e culture».
Ecco, non per essere cattivi, o sempre per forza critici (forse lo spazio dell’annuncio non è consono all’impertinenza) ma quelli della Fondazione Notte della Taranta sembrano arrivar sempre dopo, sulle tendenze.
L’“originalità” della sensibilità balcanica ha già da tempo contaminato il fare musicale salentino - come nell’edizione precedente la techno e le sintesi elettroniche - ma tant’è. Come ogni anno staremo a sentire, felici d’avere un maestro di "gioia" sul palco degli Agostiniani.
Uno che certo sarà capace valorizzatore (speriamo) di quanto è già stato seminato senza la pretesa o la presunzione d’aggiungere chissà che... Questa è terra di suoni, terra d’origine e di scambio tanto da poter affermare che già tutto è stato suonato per cui... speriamo che, alla scelta del concertatore, s’associ anche quella di un profondo rinnovamento della formula “già scritta” del concertone... magari volgendosi alle bande e al loro repertorio... Ma forse anche questo è già stato fatto!

lunedì 26 marzo 2012

Voto disgiunto

Primavera! «Cambio d'orario la luce invade e speranzosi già disponiamo l'animo all'estate, ai giorni lunghi dei tramonti goduti in spiaggia a Porto Cesareo per tirar su tutto, quello che è possibile, dal sole. Poi, le zanzare provvedono a svuotar la spiaggia, c'è quella mezz'oretta impossibile che è meglio fuggir via che stare poi tutta la sera a grattarsi... Già, in estate sarà passata anche la buriana di questi giorni, avremo una nuova amministrazione in città, chissà quale». Parlava, parlava, parlava appoggiato al banco del Trecentomila e, mentre parlava, maschio e già abbronzato, sussurra dell'eventualità del voto disgiunto, sorride all'amico e d'un fiato dice: «Largo ai giovanotti, mi metto di traverso e scelgo i due che sono il meglio dei due schieramenti, non sono il nuovo, ma sono i meglio...». I nomi? Gli ha detti ma io non ve li dico... Provate a immaginarli... E lui, dal sorriso passa al riso, sull'uscio si materializza una Lei con cappottino rosa...

giovedì 22 marzo 2012

Cèsar, l'eroe

Teatro Venerdì 23, alle 20.45 in scena, ai Cantieri Teatrali Koreja, César Brie con "120 chili di jazz", lavoro, coprodotto con la compagnia "Arti e Mestieri" dell’Aquila, uno spettacolo interamente giocato sul filo dell’ironia. L'attore sarà in scena anche sabato con "Karamazov" un una doppia replica alle 10.00 e alle 20.45
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La prima volta... c'è sempre una prima volta, ed è speciale quella di chi è pubblico..., ecco, la mia prima volta al cospetto di César Brie, fu molti anni fa, nei primi anni Ottanta, a Pontedera, in una stanza del Piccolo Teatro che inaugurava la sua nuova casa, in un ex sede sindacale in una città operaia, la città della Piaggio, piccola capitale allora di quello che veniva definito "Terzo Teatro".
Lì trovai lui che, con un indimenticabile graffio, raccontava la storia sua di esule argentino in fuga dalla dittatura.
Una storia d'avventura, quella di César Brie, di tante vite in una che attraversano il "mondo". Quello della geografia e quello del teatro. Per molti un "mito", un essere oltre la norma per sentimento, per energia e per forza di presenza in scena, come se fosse quella, la scena, l'ambito del mostrarsi alla vita, il territorio dove interamente donarsi, quasi immolarsi sul bilico di un proscenio sempre mobile, sempre aperto al divenire di un agire che conosce e sfida il rigore e la po-etica dell'essere attore.
Questo sentivo guardandolo quella prima volta mentre sbatteva da un muro all'altro in una follia che metteva il pubblico, noi, al cospetto della sofferenza... Un attore tramite, corpo di tutti quei corpi che erano caduti per difendere la libertà e la propria dignità di uomini liberi.
Poi son venute tante cose, quasi un attaccamento al nome e César, l'ho inseguito sulle terrazze delle Tre Masserie vestito da prete, l'ho visto fare Artaud (e chi se non lui poteva impersonarlo) in un "Talabot" odiniano e poi, e poi... sino all'ultima straordinaria "Odissea" portata in scena anche qui, nel Salento, sulle tavole dei Cantieri con il Teatro de los Andes, fondato in Bolivia a Yotala, un paese a 15 Km. dalla città di Sucre, una fattoria, fucina di una straordinaria opera corale dove quell'attore della necessità trovava moltiplicazione in tutti i corpi in scena, tutti mossi dalla medesima determinazione testimoniale.
Ecco, se ci sono "eroi", eroi contemporanei dico, eroi della poesia e del teatro, uno di questi è certamente César Brie... Andatelo a "sentire", poi, mi saprete dire!
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Con "120 chili di jazz", oggi, alle 20.45, César Brie è in scena ai Cantieri teatrali Koreja. Da solo, racconta la storia di un uomo: Ciccio Méndez. Lui, pur di riuscire a vedere la sua innamorata, decide di entrare a una festa fingendo di essere il contrabbassista del gruppo jazz che allieterà la serata. Méndez non sa suonare il contrabbasso, ma con la sua voce da uomo delle caverne imita alla perfezione il suono delle corde. Durante lo spettacolo dovrà riuscire a sostituire il vero contrabbassista del gruppo e a nascondere a tutti la propria incapacità di suonare lo strumento.
Dietro questo racconto si celano tre amori: l'amore non corrisposto per una donna per cui finirebbe all'inferno; l'amore per il jazz, che aiuta Ciccio Méndez a sopportare la sua immensa solitudine, e l'amore per il cibo, dove Ciccio trova brevi e appaganti consolazioni.
Ciccio Méndez non è mai esistito. Nasce dalla cattiva abitudine di due amici che César Brie ha perso di vista i quali, dice, seduti accanto a lui in una classe del Colegio Nacional Sarmiento a Buenos Aires, gli facevano fare la parte del prosciutto nel panino, schiacciandolo in mezzo a loro.

martedì 20 marzo 2012

Giornata Mondiale della Poesia

Cos'è quel battito...

Cerco e trovo. La poesia comanda e quante note, piccole scritture, appunti accumulati negli anni sul “senso” cercato e dettato dai versi dei poeti. Uno, tra questi, torna... quello dell'eterno fuggire: Paul Celan.
Celan ha più volte inteso chiarire che la sua poesia è “stretta di mano, possibilità di un incontro fra un io - che non è già più il poeta perché, la poesia, una volta scritta non gli appartiene più – e un altro, un tu - di cui la poesia è sempre in cerca.
In questo, ciò che è importante ed evidente, è la necessità che, questo incontro fra l'io e l'altro, sia possibile, solo a partire dalla irriducibile alterità che si frappone tra i due e che si concretizza in una “parola testimonianza”. Questo è la poesia! Un luogo utopico - ma pur sempre realissimo – dove è possibile incontrare l'altro.
Per favorire questo incontro, il poeta deve esercitare una costante attenzione, che è per Celan, concentrazione nei confronti delle “proprie date”, un esercizio di memoria storica e biografica che non si deve tradurre, in un esplicito resoconto di fatti o in una sorta di conversazione ideologica, “rivendicando”, alla poesia, la sua propria “oscurità”, che può tradursi, perfino, nel rischio di ammutolire, rischio a cui la poesia di Celan si espone apertamente: solo in questa esposizione, infatti, la poesia può diventare apertura all'incontro con l'altro, all'accadere del senso.
E allora, c’è verità nella poesia?
È banalizzata la poesia nel ricordo che ne abbiamo, materia scaduta nella scuola, che non l'ama, che non ama la libertà dei poeti.
Solo pochi son capaci d'accoglierla, di tradurla nel battito della vita…
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Pensate se ogni politico avesse la determinazione dell’artista, del poeta, nel suo servire all’altro.
Credo che l’artista serva. Sia servitore cioè. Sia al servizio: del suo bisogno-desiderio d’espressione e del bisogno-desiderio della comunità di accogliere i linguaggi, le novità. Di contemplare, di trovare soluzioni ai cambiamenti che la vita porta, di poter riflettere sul suo senso e sulle possibilità.
L’artista serve oggi più che mai, è da qui che può partire un riscatto.
C’è bisogno di rieducare alla vita, di trovare un senso ad un cieco vitalismo che sembra assediare l’uomo, che preso nella morsa del produrre-consumare, svuota ogni pausa, ogni possibile rallentamento, ogni doverosa rinuncia. C’è bisogno di riannodare i legami con la storia e con la natura soprattutto pensando a cos’è necessario fare per ristabilire un contatto con i valori persi, con l’essenza di ciò che può salvarci.
Abbiamo paura, tutti sappiamo cos’è la solitudine, tutti siamo pronti a tirar fuori l’artiglio della difesa per fare l’attacco. Tutti sappiamo che il mondo è sempre più legato, unico nel suo destino. È quasi un epilogo quello che la cronaca ci rappresenta. E allora? È proprio necessario andare alla deriva, a chi è utile?
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C’è poesia nel dolore? C’è poesia nel “non” che nega e non trova, non sa, perduto, nell’ossessione di un pensiero indeterminato, specializzato, sempre dritto sempre centrato all'ordinario di un quotidiano ormai in “loop” incapace di dettare “speranza” preda del sovraccarico “narcisista” del potere. L'Io malato dell'Occidente (e anche adesso dell'Oriente ormai stinto, nell'urgenza del Produrre). “L’arte crea lontananza dall’io. Chi porta Arte negli occhi e nella mente, è dimentico di sé” “La lingua possiede qualcosa di personificabile e percettibile coi sensi percepire il linguaggio come figura e direzione e respiro: cercare, cercarsi dare materia all’accorgersi, allo stupore di un sé lasciato all’inessenziale, indietro…”. “Come persona cerco me persona in vista del luogo della poesia, del suo farsi libera, del passo in avanti”. “La poesia talvolta ci fugge innanzi. Poesia: ciò può significare una svolta del respiro. Chi può saperlo? Io, io/altro, penso di sì!

mercoledì 14 marzo 2012

Vita e Pane

Distrarsi dalla politica forse è da suicidi, ma sana, toglie il malumore e la vita la immagini negli interstizi, nelle pieghe, negli scampoli del tempo, dietro l'angolo delle consuetudini e la vedi come rinascere, rinvigorirsi, trovare agio dove non speravi. E poi, la "misura", nel riparo, trova motivazioni, s'accontenta e cerca, torna a cercare anzi, il "possibile", ciò che non speravi! Vengono le tavole di San Giuseppe, nei prossimi giorni, un simbolo di condivisione, di offerta. Una tradizione antica che nobilita la cultura dei nostri paesi. Che riporta in vita un origine fatta di povertà orgogliosa, felice di "restituire" fiducia e fede, con la "sacralità" degli atti, ad un crudo quotidiano. Sorrisi anche con piccole cose donate dalla Terra, insaporite con le cose della Terra e della Sapienza. Questo, dovremmo imparare a fare. Meglio, a ri-fare. "Bastarci", è forse parola difficile, complicata nel continuo sentirsi strattonati da un "Sociale" avaro di sincerità. Bastarci e fare sorriso e dono!

lunedì 12 marzo 2012

Elettorale

Chi è che si nasconde dietro quella "x"? Il 3 per 6 in viale De Pietro sovrasta, mentre son fermo all'incrocio: attrae quell'enigma in campo giallo firmato PdL, poi, guardi e capisci che quel "Massimo" in corsivo non può essere che l'"uscente" assessore alla cultura del Comune di Lecce, "votato" anche lui, a strategie "suasive" di propaganda. L'altro, in campo opposto, è Paolo Foresio che già da settimane "tampinava" con il suo "Io ci sto", la sua faccia adesso, svelato l'arcano, ride, insieme a quella di altri suoi "elettori" prestati alla campagna. Per poter leggere il grande manifesto in viola (del Pd?) ho dovuto far manovra e tornare indietro, il dialetto della consorteria recita il comando segnato da un significativo "Ieri" anche quello avrà un seguito? E un continua forse avrà anche il manifesto di Ciccia Mariano che evita di indicare la "preferenza" per il Sindaco, chissà... Insomma, i faccioni, ancora ordinati negli spazi a pagamento aspettano di straripare dalle plance.

sabato 10 marzo 2012

Salomè Bene

Il Salento ha una nuova cittadina! Non so quanti anni abbia Salomè Bene, certo il debutto in società le sarà toccato, ma quello di Otranto, per la mostra che cura insieme a sua madre, Raffaela Baracchi, è certo per noi più importante, segna un "ritorno" e finalmente un passo nuovo nell’"usurata" relazione tra il territorio e il suo Genio sempre strattonato da beghe e questioni che in fondo a Lui non interessano più. È Lui che torna attraverso sua figlia ed è importante che la testimone sia una donna, che la testimone sia lei, proprio lei. Come fare altrimenti a calibrare uno sguardo di cura? La figura di Carmelo oggi chiama affetto, accudimento sincero, frontale, senza fronzoli retorici, senza piagnistei. Oggi certo sorriderebbe a veder le Sue cose mosse da quelle mani, sistemate e rimirate nella “posa” del nuovo offrirsi al pubblico. Certo sarebbe orgoglioso e felice, sì felice. Adesso sì! Nella pausa del Tempo...

giovedì 8 marzo 2012

Non c'è odore di mimose

Un otto marzo denso, quello di ieri, solo lo sfondo lasciato alle mimose, sul davanti a spintoni la cronaca. Quella politica con la battuta di Monti sul possibile "allargamento" dello spread tra i partiti che lo sostengono... nessuno ha riso... Poi, il salto indietro della memoria: via d'Amelio, 19 luglio 1992, la strage che abbattè "il muro" Paolo Borsellino - un'operazione militare, come quella che qualche mese prima il 23 maggio, aveva provveduto a rimuovere l'altro muro: Giovanni Falcone - ecco, ci informano che era ritenuto un'ostacolo per la "desiderata" trattativa tra la Mafia e lo Stato. Erano i tempi in cui era maturata la grande evoluzione antropologica dei mafiosi che da un pò avevano smesso la coppola trasformandosi in capaci uomini d'affari, in finanzieri accorti senza però perdere il vizio criminale., quello che oggi pare un “di più”, per quelli capaci che, in verde, siedono dove devono sedere! Poi in serata la morte del tecnico italiano rapito in Nigeria. Faccio silenzio, viene odore di mimose...

Lecce allo specchio

Ogni città “è” perchè è riconoscibile. Un'identità fatta di strati, di incroci, di voci. Sedimentazioni che trovano nel "costruire" la forma che esalta e conserva la pluralità dell'uno, del nome che unisce. Cos’è Lecce? In cosa si “specchia”? Nella Colonna del Santo, nell’Anfiteatro, in Santa Croce?
Qual'è il segno che ci aiuta a riconoscere la nostra città? Dove ci specchiamo, certi di riconoscerci, certi di sapere la matrice, la storia, l'impasto che ci dà carne? Una domanda che certo troverà molte risposte. Ma ho un alleato per tentare di capirlo, un libro: "La colonna e la città" dell'architetto-cercatore Andrea Mantovano. Uno scrigno d'immagini e di notizie che fa capogiro, tali e tanti sono i rimandi che accoglie nel "tentare" una "geografia" del "linguaggio architettonico e dello spazio urbano nel barocco di Terra d'Otranto". Ecco che, sfogliando le pagine - curate nell'edizione da "Esperidi" di Claudio Martino e Roberta Marra - di colpo Lecce perde la sua centralità e deflagra. Perde il “nome”, quasi: siamo tante cose noi, siamo di tante sintesi.
Più di tutto colpisce l'accorgersi che siamo frutto di un "ragionamento".
Almeno, lo siamo stati nel crescere urbanistico dell'antica città e, ciò che ci è potuto apparire anarchico - lasciato alla maestria di quegli scalpellini visionari che chissà per quanto tempo hanno "suonato" la pietra nei vicoli della città per erigere le fabbriche di palazzi, chiese e conventi - oggi, dopo la lettura di questo bel volume ricco di un notevolissimo apparato iconico, non lo è più.
Notevole è il capitolo che racconta il "cuore sacro" della città tirando linee e segnando "geometrie" in Piazza Duomo.
Bisogna farsi viandanti per fare inciampo nei sincretismi e viaggiatori anche, per tener desta la traccia. L'autore ci accompagna di pagina in pagina, in visita, offrendoci segni comuni e di comune costruire... Il pretesto è la colonna, anzi il tema della colonna angolare, lo spigolo urbano, "motivo" che ci porta - se abbiamo l'ardire di perderci - a toccare diverse aree della cultura urbana del mediterraneo, ma non solo di quella. Mantovano, cucendo suggestioni, immagini e architetture tende il filo della comparazione e viaggia, in equilibrio cucendo assonanze, rimbombi, echi che danno suono alle culture che la Storia ha accompagnato nel nostro Mondo. La Terra d'Otanto è stata Mondo: capiente contenitore... Ed ecco che... è nella seconda metà del Cinquecento che la Terra di Mezzo si sveglia alle suggestioni venete e quella che conosciamo come Piazza Sant'Oronzo, era piena di stemmi e delle "scordate" "capande" per le botteghe.
Ah! Che piacere immaginare, che vita era? Chissà... ma l'opera svela e il viaggio segue col naso all'insù nelle vie, nei vicoli del nostro Salento e, ogni pietra parla, già parla... Andrea Mantovano per noi, "traduce".

martedì 6 marzo 2012

Di Carmen e dei gelsomini

C'è Carmen al Politema Greco, storia d'amore e morte. Il regista Carlo Antonio De Lucia ci dice che «Carmen rappresenta l'archetipo della predominanza o del tentativo costante di predominanza di un sesso sull'altro». E Carmen mischia pensieri con l'Otto marzo di domani. Il femminile, la forza delle donne tra dramma e rivelazione, questo viviamo ogni giorno, questo la cronaca detta. Avevamo sperato, lo scorso anno, che l'energia delle donne del Sud del Mondo venisse a cambiare il nostro Mondo, venisse con l'odore dei gelsomini e delle "rivoluzioni" che accesero di speranza il Mediterraneo. Così non è stato, è venuta la "Crisi" a coprire ogni speranza e il potere del denaro e di chi lo detiene quel "misterico" potere ha fatto sì che il silenzio calasse sul desiderio di libertà. La violenza è tornata ad essere senza speranza. E noi in silenzio! Essere solo spettatori?

lunedì 5 marzo 2012

Sponziello, la ballerina e la milonga del Pd

Auguri Sponziello, auguri ai 100 anni dell'avvocato Pietro, condottiero missino del "fortino" di via Andrea Vignes, storica sede del partito della fiamma a Lecce. Uno tosto, con l'altro avvocato, Clemente Manco, nei Sessanta-Settanta della politica della coerenza, del "credo" e del "me ne frego" – faceva gara di eloquio di fronte alla "piazza nero-tricolore" tra Lecce e Brindisi. Anni di baruffe e di comizi incandescenti che nulla hanno a che fare con i salamelecchi di oggi, le "lingue" e gli strusciamenti che mischiano i confini tanto che tutti paiono possibili amanti, l'uno dell'altro, persi tra "ti voglio" e tradimenti. Chissà che pensa il vecchio missino della sua pupilla Poli Bortone che da adulta ha preso a fare la "ballerina". Bha!, fatti loro. Una cosa mi rode dopo gli ultimi fidanzamenti: ma quelli che da via Tasso, ipotizavano la "milonga" con l'Udc e anche, se il caso con la "donna del Sud" perchè stanno ancora lì, seduti, a far comando nel Partito democratico? Non hanno perso? A mio parere sì! Hanno già perso...

sabato 3 marzo 2012

Prove di sorrisi

Mi distraggo dalla politica, mi stanca il battibeccare, la tecnica del rimpallo giocata nelle conferenze stampa. Il balletto delle posizioni non lo sopporto, è questione di natura e la politica l'ho sempre interpretata come valore di coerenza. L'aplomb e il falso perbenismo poi, mi fan sorridere - per non dir peggio - soltanto facciata (fragile peraltro, che la città è piccola e mormora...) facciata che si traduce nel privato in versi e parolacce irripetibili, rivolte all'altro-altra. Ne ho goduti di teatrini di “bassa lingua” nel passato per saper bene che esistono e resistono nei retrobottega (e non solo) delle segreterie e dei comitati elettorali che spunteranno come funghi nel prossimo tempo a sanar la crisi dei locali in fitto. Almeno serve a qualcosa la campagna elettorale. Si odiano quelli, appesi sui muri e se non si odiano certo non s'amano. La loro arte è far finta... condannati a far prove di sorrisi...

giovedì 1 marzo 2012

Lucio cantò

Non so che anno era, forse il 1975. Un tempo di crisi e di travagli anche quello, come ora. Solo che a quei tempi il Salento non era il Salento di cui ora con vanità ci pregiamo. No, allora il Salento era sconosciuto ai più, ma non risentito, separato, isolato. Non lo è mai stato, aveva il suo tempo, certo, le sue andature ma prese nel Tempo più grande... era operaio allora, il Salento. C'era il movimento nelle scuole, nell'Università, c'era la Sinistra extraparlamentare che abitava nei vicoli della città e il barocco era solo un decoro senza retorica. Si occupavano le case e le fabbriche, capitava. In una di queste, a Nardò, (forse una camiceria del ricco Memmo), in un tardo pomeriggio di autunno-inverno, arrivò Lucio. Dalla dico, proprio lui, il poeta cantante. Arrivo da solo, in macchina, con una chitarra, aveva un gran basco nero. Si mise su una sedia issata su un palchetto e cantò. Già, canto!