Dallo
scorso settembre Casa Comi, a Lucugnano, è occupata. Il Comitato guidato da Simone
Coluccia s’è fatto promotore di una lettera rivolta al presidente della
Repubblica Sergio Mattarella e al Ministro dei Beni Culturali Enrico
Franceschini per difendere quello che, senza dubbio, dovrebbe essere
considerato un “bene comune” della Terra Salentina e del Sud d’Italia perché,
l’Accademia Salentina, per “lunghi anni meditata” e fondata dal poeta Girolamo
Comi il 3 gennaio del 1948 con Oreste Macrì, Mario Marti e Michele Pierri è uno
degli esempi più alti del fare cultura nel Mezzogiorno.
Un fare cultura
“meridiano”, puro, “incapace" per molti versi (ed è un merito questa
incapacità) di far denaro con la Cultura, nonostante l’economia non fosse
estranea alle scelte del barone di Lucugnano. Il “Comitato pro Palazzo Comi” chiede
che venga “annullato
o modificato il bando indetto dalla Provincia di Lecce (ente
proprietario dell’immobile e dei beni in esso conservati) che prevede
l’assegnazione trentennale a dei privati”. “Un bando – scrivono i promotori
dell’occupazione - ricco di imprecisioni, che manca di tutelare in maniera chiara e non interpretabile
l’immenso patrimonio artistico, storico e culturale di Casa Comi”. La vicenda del
barone Comi è complessa, basta andare a leggere la sua biografia per accorgersi
della levatura europea del personaggio e dell’utopia che abitava il suo
pensiero.
Il primo numero de L’Albero – voce trimestrale dell’Accademia
Salentina – è del gennaio 1949. In quel numero della rivista c’è, in un
articolo firmato da Giuseppe Macrì, l’“Invito ad un nuovo Salento”; ancora non
ci siamo arrivati e del destino di chi ha sognato (e di chi sogna) una terra al
riparo dall’usura e dalla consumazione commerciale pare non freghi alla
maggioranza delle genti salentine: amministratori e popolo uniti nella pochezza
della visone e nell’insensibilità. La
difesa di Palazzo Comi non è solo la difesa di una biblioteca o della casa di un
poeta anche se, in altre province, le case dei poeti sono strumento e leva di
promozione territoriale, pensiamo alla Recanati di Leopardi o alle Langhe di
Pavese e Fenoglio. la difesa di Casa Comi è la difesa della prerogativa culturale
di questa terra, difendere l’esperienza letteraria del Novecento è difendere la
qualità di una visione volta al futuro per continuare a perseguire quel
“Salento da Amare” che la politica ha mancato di governare e di realizzare. Le
stanze dell’Accademia Salentina con i libri, le carte, l’epistolario, gli
oggetti, la pregevole collezione di arazzi sono state (e possono tornare ad
essere) il luogo, il segno e il motore di una nuova possibilità: agire la
cultura per mutare la condizione (anche economica) di una comunità. In questo
il sogno e l’utopia di Girolamo Comi che fu fulgido poeta, ottimo operatore
culturale e sfortunato imprenditore. Per Comi l’Accademia e la rivista erano
legate all’Oleificio, al moderno stabilimento che costruì e che avrebbe dovuto
dar lavoro e dignità alla sua gente. Un tentativo di imprenditoria solidale che
portò in breve tempo il poeta alla rovina finanziaria. Una vicenda dall’epilogo
amaro, nel 1961 la proprietà di Casa Comi passò alla Provincia di Lecce (Ente allora
illuminato lo stesso, che a quel tempo, si fece promotore del Premio Salento)
il poeta ne divenne custode e bibliotecario fino alla morte nel 1968. Oggi con
un Ente Provincia in disarmo Casa Comi rischia di non avere futuro, il passato
glorioso di quell’avventura che ha visto protagonisti nelle stanze di Lucugnano
Maria Corti, Oreste Macrì, Mario Marti, Vittorio Bodini, Vittorio Pagano, Rina
Durante, Vincenzo Ciardo, Luigi Corvaglia, Enrico Falqui, Ferruccio Ferrazzi, Alfonso
Gatto, Michele Pierri, Alda Merini, Luciano Anceschi rischia di non avere più
epigoni. Tanti e tanti altri giungevano in quello sprofondo di Sud e in quelle
stanze “trovavano amiche anche le ombre”. Un modello da rilanciare, da
perseguire perchè Lucugnano sia di nuovo meta di pensiero, di pratiche e di
“utopie”.
Mauro Marino, La Gazzetta del Mezzogiorno 8 novembre 2015
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