Dove sto io è un porto, un approdo di creativi; sarà che non ci sono molti luoghi per parlare, luoghi dove si è certi di essere ascoltati. Sarà per questo? Non so, ma dove sto io è un continuo venire di persone, inquiete e creative; persone che per agire la propria necessità espressiva e comunicativa hanno bisogno di occhi e di orecchie attente, disponibili, pronte ad accogliere e a tentare di risolvere le necessità di quel divenire che solo nell’incontro può trovare seme per farsi atto.
Oggi, mentre Adriana provava la voce con la sua nuova loop machine, mentre Corrado, in viaggio
in bicicletta da Cesena, passa per un saluto prima di riprendere l’Adriatica, entra
Patrizio Quarta, l’amico scultore, fine cesellatore di pietre. Lo conosco da
anni. Il primo incontro con lui fu agli inizi degli anni Novanta, quando nelle
grandi sale di Astragali, in via Candido a Lecce, inaugurammo con una
straordinaria collettiva (Nella pianura
dei sogni) l’ancora inesausta stagione
salentina.
Patrizio è un fiume in piena, mi pare provato,
addolorato, meglio: mi chiede attenzione.
In una cartella conserva fotografie, un depliant,
articoli di giornali sui recenti festeggiamenti della Focara di Sant’Antonio
Abate a Novoli, il grande evento dell’inverno salentino. Ed è proprio l’Abate
il motivo del suo cruccio, l’offesa che non sopporta. Tradito da Novoli, il suo
paese che non rende onore al suo lavoro e al Santo. Una scultura da lui
realizzata è stata posta sul palco del Teatro Comunale, a sinistra del tavolo
che ha ospitato la lectio magistralis della star che l’Amministrazione Comunale novolese ha
chiamato a dar lustro alla Festa del Fuoco: Vittorio Sgarbi.
Mi astengo dai commenti, sarebbe inutile, sappiamo
come si è capaci di evocare il nulla per sentirsi magnificati e il presuntuoso e
verboso signore su citato è maestro nell’arte del nulla.
Felice l’Amministrazione, felici tutti. O no? No, Patrizio
no! Mi racconta (da parte mia avevo già letto sul Quotidiano) della Capra (senza
offesa per l’animale) salita in cattedra a rivendicare la presidenza della
Fondazione novolese (il soldo – sappiamo - attrae più di ogni altra cosa il
critico-animale). Ma lasciamo perdere e torniamo al racconto di Patrizio al
tempo passato a concertare la presenza delle sue opere nella serata principe
della kermesse, dei tira e molla con quelli che contano sul numero delle opere
da mostrare, prima un certo numero, poi solo una, poi tre, poi una.
“Visto che è una la creo a tema” pensa il nostro e si
mette a lavoro. Lui le pietre se le va a cercare, le sceglie cariche di tempo e
di licheni, chiama il Santo ad ispirarlo, lo pensa legato al fuoco ed ecco, con il lavoro, il comparire, il farsi della
forma. Un’opera antica come antiche appaiono le mani di chi l’ha realizzata. “Sant’Antonio
Abate e il fuoco nascosto” è il titolo dell’opera realizzata. Un presagio! Nell’opera
è previsto alle spalle del Santo, ritratto come in un’iconografia pastorale, un
piccolo vano per accendere e custodire il fuoco, il simbolo della festa. Ma
quel fuoco è troppo piccolo per destare l’attenzione delle autorità e del
magnifico critico che pontifica, troppo piccolo per essere acceso… E tutto
svanisce inghiottito dalla foga oratoria dell’illustre ospite che brucia parole
a vanvera sull’arte magnificando solo se stesso e chi l’ha lautamente pagato
per essere lì.
Amen! Certo l’anacoreta egiziano, Antonio, il santo
del deserto, che del “porco” seppe fare a meno, saprà ancora vincere il demonio
e rendere grazia all’arte, a quella umile e sublime che trova bellezza e rende
bellezza nella povertà.
Nelle foto l'opera di Patrizio Quarta nel teatro di Novoli accesa quando il pubblio è uscito dalla sala
Nelle foto l'opera di Patrizio Quarta nel teatro di Novoli accesa quando il pubblio è uscito dalla sala
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