Santa e Francesca con la loro "città ideale" |
Il porto canale di Torre Colimena |
di Mauro Marino
Un grande rondò verde annuncia
il cambio di provincia, quella leccese valica nel tarantino e - a pochi
chilometri dalla città barocca assediata - trovi la pace di un agosto senza
ansia. Chissà in settembre come sarà, varrebbe la pena tornarci, i prezzi per
l’affitto delle case, già bassi diventano davvero minimi.
In fondo al lungo
rettilineo d’ingresso la torre ti accoglie con la lunga scala, rossa di gerani.
Possente, con i suoi volumi duecenteschi, diversa dalle altre che, a vista, punteggiano il litorale, si
alza in cielo e la corsa della pietra continua, oltre i merli del terrazzo, con
i volumi aggiunti nei primi del Novecento. Con il “dito” del comignolo pare
graffiare il cielo.
Torre Colimena e
questo magnifico tratto di costa jonica non meritano alcuna ferita. Non
meritano lo scarico, nel mare di Specchiarica, dei reflui del Depuratore Consortile di Sava e Manduria:
«Non si capisce perché - con tutte le cose che s’inventano - non trovano
soluzioni che invece di complicare facilitino la vita, promuovano la salute, il
buon vivere, la felicità… Questo dovrebbero fare “scienziati e politici”….».
Così esordisce la signora che presidia il manifesto del “no” esposto in
pescheria. Poco fuori, la fotocopia di un articolo di giornale ricorda che a “La
Culimèna” l’acqua non è potabile, la processione delle autobotti al mattino
presto e al pomeriggio lo conferma. La rete idrica si ferma a pochi chilometri
e l’Acquedotto Pugliese non ritiene conveniente - per pochi mesi l’anno - “servire”
questi luoghi con una condotta e un adeguato impianto. Il comune di Manduria, a
quanto si legge, è insensibile al problema, il pensionato milanese qui ha
comprato casa e dedica tempo ed energia alla battaglia, lo immagino in
calzoncini e magliettina sulle scale del Municipio, lui il suo dovere di
contribuente lo compie fino in fondo e allora perché l’Amministrazione non
corrisponde alle sue aspettative di cittadino? Mistero? No, non tanto, è così
che vanno le cose dove “scienza e politica” son dimentiche del quotidiano della
persone e della loro salute. La bellezza è valore solo quando è da sfruttare
commercialmente, non fa niente il suo sfiorire, il perderla dopo che si è
“capitalizzato”. Ma questi, non son discorsi da vacanza…
***
Ho scoperto di avere
origini avetranesi: il nonno paterno, con i suoi baffoni ottocenteschi, visti
solo in fotografia, veniva da qui, mi raccontano. Sapete com’è, il caso… La
scelta di Torre Colimena, come luogo di vacanza viene da un desiderio di
“ritrovarsi”. Le “ferie” dovrebbero servire a questo: riconciliarsi, riassaporare
il perché di uno sguardo, la particolarità di una “pietas” pienamente partecipe
del paesaggio, nel sommarsi delle abitudini che ripetono i giorni come una mantra
di sole e di sale. Consuetudini che fanno semplice la vita, le persone “persone”
e lo stare insieme, esercizio innocente dell’incontro.
Le vacanze covano la
nostalgia, siamo al presente e dentro si muove il passato. Ciò che si è perso,
torna, nascosto in quello che guardi. I ricordi si palesano come istantanee
dietro un sapore, un odore, portati dal variare della luce, del vento.
Dell’umore del mare.
Nella natura selvatica
di Torre Colimena ritrovi la parte ancora presente di ciò che ieri era
“salentino”. Quel carattere lontano dal glamour, dall’essere per forza
culturale, seducente, turistico. Qui, l’agroalimentare e il chilometro zero
sono al “naturale”, spontanei, non-ideologizzati. Qui, la sagra è ogni sera,
annunciata dai giri della macchina con il megafono, inventata dalla pescheria,
dalla macelleria, dalla gelateria,. con la musica portata “rasoterra” e lo
spettacolo offerto al tavolino dalla favella e dalle mani esperte di un illusionista
con i giochi mostrati ad un passo dall’omino che monta zucchero filato e dalla
ruota sibilante dell’arrotino. Continua così il rito della mattina trascorsa in
spiaggia dove protagonisti sono i bambini agli adulti, il compito di far gli
sciocchi per farli divertire… Il mare allena il coraggio, lo vedi guardandoli,
i più piccoli, si provano nella misura con le onde, con la profondità, con il
sapore del sale che, a quanto pare, è di loro gusto visto il continuo assaporarlo.
Un contatto diretto, cercato che certo “scienziati e politici” non considerano
quando progettano, anzi quando “non progettano” e invece di portare l’acqua
scaricano a mare la fogna.
***
Qui, a “Torri Columèna”, la comunità la fanno i fenicotteri rosa con il
loro lento pascolare nello specchio d’acqua della Salina dei Monaci; la fa l’immobilità
dei gabbiani messi a “freccia”, serafici, sugli scoglietti prima di alzarsi nel
loro forte volo. Le rondini di mare e quegli altri con zampette e becco
lunghissimo che brucano chissà cosa pescando nell’acqua. Un mondo, una
meraviglia tutta in favore della conquista della “quiete”.
Alla sera l’infilata
delle porte si decora di sedie e di chiacchiere. Qui non c’è la vanità di un
piano colore, tutto si accorda per eccesso. I muri di mattoni forati fanno
trame decorative e si può osare con il lilla o con un giallo o un rosso messi
uno accanto all’altro a segnare il bianco, l’azzurro, il celeste.
Il giovedì c’è per
strada il mercato. La catasta delle merci sull'utilitaria, tutto tenuto da una
corda. Riti del “monta e smonta”, la vita sfida il tempo con la routine del fare.
Povere cose, vestiti usati, scarpe di plastica, detersivi. Uva, pesche,
angurie, fasci di rucola, cacio cavallo. Le cianfrusaglie al banco marocchino,
i teli colorati, il ciabattare e il via vai dei passeggini. Poi a sera il
camion, come una grande nave, ritira le sue vele, e salpa. In un attimo anche la
piccola auto scompare, carica all'inverosimile. Parola densa come la vita che
tutto contiene e porta, incontro alla speranza: inverosimilmente noi siamo, ci
siamo! Resistiamo, forse...
Un affusolata mano fa
il verso al porta anelli, mano anche quella intagliata nel legno. Mi guarda e
ride denti bianchi sulla bella faccia nero-senegalese. Era silenzioso prima,
assorto nella prova con la sua merce. Com'è fugace uno sguardo. Tiene tutto il
dire l'intesa di un sorriso. Sospende il senso e lo lancia nell'incontro. Cos'è
cultura se non questo incrociarsi di sguardi? Se non questo camminare che
scrive la sera? Prima, la processione d'una madonnina celeste accompagnata
incontro al mare. Qui consegnano i desideri, le speranze, ad una teca. Sigillata
la porteranno nel blu, consegnata alle onde, perché l'Assunta ferragostana ne
accolga i segreti, li sveli in essenza, con la sua grazia!
su La Gazzetta del Mezzogiorno, venerdì 22 agosto 2014
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