La Focàra 2017 fotografata da Roberto Pagliara |
Oggi s’accende il Grande
Fuoco di Novoli e del Salento “destagionalizzato”. La grande Focàra di
Sant’Antonio Abate quest’anno ha nuova dimora, spostata per far spazio
all’evento, alla folla, sfondo di una celebrazione ormai da tempo senza centro.
Sempre le Feste salentine hanno
tenuto insieme le due linee: il sacro e il profano.
La visita in chiesa alla Statua
del Santo, l'attesa dell'uscita della Processione; le preghiere, il reiterarsi
dei rosari, gli odori dell'incenso, le scene di devozione: un tempo remoto,
antico, umile nell'inchino, nel delegare alla santità ogni speranza! Poi,
fuori, la fila delle bancarelle e, come premio, la banda, il “complesso” sul
palco per i più giovani, le giostre. C'era certo la folla, ci si spostava di
paese in paese e Novoli era meta di pellegrinaggio, "a piedi
venivano..." per inchinarsi ai piedi del Santo. Ogni fiera aveva la sua
particolarità. Non è più così: la festa oggi è “marketing territoriale”, il
"complesso" di adesso costa molti quattrini, garantisce la folla, un
affollamento tale che pare inutile anche il Grande Fuoco acceso in omaggio
dell'Illustre Eremita, reso comparsa, un po’ meno santo della star di turno. L’Abate
è solo un pretesto ormai, nella macina delle Tradizioni rese “attrattori
culturali”, non rapisce, non fa suggestione nella gara con lo spettacolo sul
palco. È stato così negli anni scorsi sarà così anche quest’anno?
Lo scorso, martedì 10
gennaio, nel Teatro Comunale di Novoli, abbiamo assistito alla Lectio Magistralis
dello scrittore Nicola Lagioia su “Il fuoco e la letteratura”.
Il poco pubblico intervenuto ha condiviso un incontro di rara intensità
incentrato sulla scrittura e sulla personalità dello scrittore argentino
Roberto Bolaño;
una storia e un uomo apparentemente lontani dai clamori della festa novolese,
ma il “fuoco motivazionale” che ha alimentato la sua opera è, o dovrebbe essere,
lo stesso che muove e anima chi, ogni anno, costruisce la grande pira: una
lotta continua per dare senso e vitalità a un esprimersi al riparo dalle
convenzioni e dai dettati della convenienza politica. Così non è, lo sappiamo,
presi come siamo dall’idea che le cose valgono se portano pubblico se fanno
economia e industria culturale.
Lei,
la Fòcara sarà lì, bella e solitaria, nel suo
rinnovare un rito antico, con la sua lenta combustione come a voler preservare
l'incanto! C'è un punto di sguardo che sempre mi rapisce oltre ogni cosa a
Novoli: è l'effige di Sant'Antonio che viene posta in cima alla grande
"fascina", aspetta il fuoco per consumarsi per fare sacrificio e
augurio all’inverno.
Scegliete allora di
far festa alla maniera antica: andate a far visita all'Abate nella sua chiesa.
L’ultima volta che ci son stato gli faceva compagnia un cagnetto: serafico
accoglieva il saluto della gente che sfilando, toccava il Patrono del Fuoco e
degli Animali e poi estasiata lo guardava. Un piccolo miracolo il perseverare
del randagio, proprio lì, assiso ai piedi della bella statua che mostra il
volto del Santo: è moro il grande eremita! Un segno importante su cui
riflettere per capire cosa il passato ci ha portato, cosa il presente ci porta
e il futuro ci porterà. Fa
impressione la Focàra quando ormai spenta tiene la brace, sfidando il freddo.
Resiste quel fuoco, spegnendosi, tenta il suo “senso”, lo rinnova nella
speranza di una buona annata per la campagna, lì il motivo di tanto “clamore”: la
povera campagna. Sta lì la santità, in quel lento consumarsi. Ma quella cenere
è solo cenere per molti: un nulla da non festeggiare. C'era una volta un
Salento da scoprire, adesso non più (da tempo) è un fuoco senza più senso.
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