La Compagnia Tarantarte guidata da Maristella Martella con "Premesse a kore" ha inaugurato – lo scorso venerdì 13 ottobre - la quattordicesima edizione di "Open dance” rassegna dedicata alla nuova danza dai Cantieri Teatrali Koreja.
La tribuna è gremita, c'è molta attesa per questa prima nella prima. Si
fa buio. Lento un sibilo, un rombo - come un "divenire tellurico" - prende
la scena. La luce rischiara, sale piano, lentissima, c'è come un'alba, un'origine.
Il quadrato del palco, con il suo vuoto, diventa simbolo ancestrale e metafora
del Tempo e in quel "divenire tellurico" custodisce la chiave per
leggere la danza di Tarantarte.
Dal buio alla luce (anzi le luci, bellissime nel disegno creato da Tea
Primiterra con Mario Daniele) e poi la musica; e che musica: una delle
Gnossienne di Eirk Satie volta a sirtaki da Daniel Malingo apre la danza, porta
colori, poi la voce di Sam Karpienia, i suoni di Dakha Brakha, di Gabriele
Panico, di Officina Zoè fino alla “ruota sufi” che tutto muove. Muove senza
consumare allargando l’energia in una significazione titolata al noi: al pieno
coinvolgimento, alla piena condivisione della vita e delle sue passioni.
Per meglio comprendere ho cercato un alleato: il mentore è Rudolf Laban (1879 –1958) danzatore e coreografo ungherese fondatore dei principi teorici della danza moderna europea.
Certe volte i libri*
basta tenerli accanto per sentirne l'energia, altre volte fanno miracoli. Apro
a caso e il caso mi porta a pagina 98, capitolo quinto, "Le radici del mimo".
Leggo: "Le persone che passano accanto ai loro simili ignorandone le
lotte, le sofferenze e le gioie, perdono un importante aspetto del senso della
vita con quello che esso può dare. Perdono l'opportunità di esplorare ciò che
si nasconde dietro la superficie dell'esistenza e tendono a ignorare il teatro,
dove queste profondità vengono rilevate. Non afferrano il senso del valore di
persone e situazioni e il mondo appare loro, in molti casi, un accumulo di
avvenimenti senza senso. Non è per questa gente che l'attore-danzatore si
esibisce e deve stare attento a non cadere nella stessa indifferenza. Una
persona che non si interessa ai conflitti dei suoi simili non è un attore, non
è un danzatore e a mala pena può dirsi un essere umano".
Illuminante per comprendere
la tensione e la motivazione alla danza di Maristella Martella e delle sue
danzatrici (Silvia De Ronzo, Manuela Rorro, Laura De Ronzo, Alessandra Ardito) il
monito di Laban è pienamente colto e l’impegno coreografico espresso si traduce
in "partecipazione", in efficacia catartica, in una coralità che
dalla scena transita verso la platea coinvolgendo il pubblico.
Non c'è una
narrazione: "Molto, il più forse, e l'essenziale, resta non detto, resta
probabilmente a livello inconscio, e la trama (...) non è possibile
abbracciarla con uno sguardo" si legge nel foglio di sala in una citazione
di Christa Wolf; ci sono in "Premesse a kore" dei quadri musicali e
dentro questi, l'agire, la purezza di un movimento pieno, cosciente del flusso
della vita e del contributo creativo che alla vita si può offrire con il
teatro. Ancora citando Laban: "L'uomo determina il suo destino più o meno
consciamente, ma gli atti e le omissioni dei suoi simili interferiscono e
modificano la particolare lotta creativa individuale. (...) Passioni
conflittuali e affetti coinvolgenti, rigide parzialità ed esitazioni ansiose
creano un'infinità di relazioni che non si possono sbrogliare o comprendere
completamente attraverso la sola analisi intellettuale. L'arte teatrale ha il
privilegio di aiutare lo spettatore a comprendere gli eventi della vita nella
loro completezza e risvegliare dentro di se la capacità di associare questo
labirinto di azioni alla sua ricerca inconscia di valori". Nella danza, il
dono del corpo sfida la Storia e tesse le storie. Questo accade nella scena di
Tarantarte, questo racconta l’alfabeto gestuale di questa singolarissima
compagnia e mi chiedo: non è accaduto così con le "operanti" del
Tarantismo? Non erano loro interpreti di una interrogazione che nel tentativo
di risolvere l'inquietudine dell'una mostrava alla comunità il suo limite?
*Laban, Rudolf, L'arte del
movimento, a cura di Eugenia Casini Ropa e Silvia Salvagno. Ephemeria,
Macerata, 1999
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