Lecce, domenica 12 novembre 2017
Ai Cantieri Teatrali Koreja, per FRAME*
Emanuela Pisicchio in FRAME la foto è di Alessandro Serra |
Lei, in rosso, graffia il muro. Forse,
solo questo ci resta: graffiare i muri, in questa deriva del Tempo, in una
Storia, la nostra, ormai ostaggio della disillusione.
Il realismo nella pittura
di Edward Hopper celebrando nella luce il quotidiano ci ha mostrato la
malinconia, la solitudine, il silenzio, il bilico di un Mondo incapace di dare
forma all’attesa.
Lui, ribelle e cortese, come l’Arlecchino che compare in “Frame”,
ci sollecita a dissentire, ad avere coraggio, a trovare la distanza nello
sguardo per superarla, per tentare un’altra via.
Non è monito l’arte?
Credo sì,
è in quel monito, nello scorgerlo sotteso all’opera, che personalmente
cresco la passione d’essere spettatore, pubblico, nel portarmi a casa l’esperienza
della condivisione di uno spettacolo.
C’è da sentirsi confortati ogni
volta che il teatro è nella necessità di interrogarsi, di confrontarsi con il pubblico
oltre la parola; di star solo, con il gesto e con il corpo dell’attore in
scena, solo, preso nel fare e disfare, preso a seminare segni, minute significazioni,
sospensioni, attimi, desideri, pudore.
Guardando lo spettacolo di Koreja
con la regia di Alessandro Serra, ho pensato ad uno spettacolo dei primi anni
Ottanta “Lo spazio della quiete” del Teatro della Valdoca, anche quello un
lavoro ispirato dalla pittura, ma, in “Frame”, la quiete è cosa lontana e anche
il silenzio è pieno di rumore, come l’animo degli attori-personaggi che,
evocati dalla pittura del maestro americano, si materializzano di frame in frame, in un bianco quadrato di
scena che svela varchi inaspettati.
Cosa c’è meglio della pittura per
sollecitare la tensione contemplativa, per lasciare lo spettatore solo - anche lui
- al cospetto dell’opera?
Ecco, ci ritroviamo: ci siamo noi
nei passetti degli attori, noi persone, noi gente. Nella nudità, nelle attese, nella
paura, nell’inquietudine e nell’impossibilità del contatto. L’andare e il
tornare e ancora l’andare nel dettato del Tempo fino al limite del baratro.
Nell’America di Hopper c’è tutto
ciò che siamo, ciò che siamo voluti diventare e ciò che maledettamente pervade
ogni istante di una Storia incapace di tessere storie.
* * *
*In scena
Francesco Cortese, Riccardo Lanzarone, Maria Rosaria Ponzetta, Emanuela
Pisicchio, Giuseppe Semeraro. La regia, le scene, i costumi e le luci sono di Alessandro
Serra.
La realizzazione scene è di Mario Daniele. La produzione dello spettacolo è di Koreja.
La realizzazione scene è di Mario Daniele. La produzione dello spettacolo è di Koreja.
Mauro Marino
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