L'insegna del Cinema Santalucia |
Giorni fa per
celebrare l’Oscar al Maestro Ennio Morricone in televisione è stato trasmesso
il film “Nuovo Cinema Paradiso”, tutti conoscono quella straordinaria storia di
passione e di formazione, che riguarda il cinema e la sala di proiezione.
Guardandolo il
pensiero è andato a quegli spazi che anche nella nostra città hanno accolto la “macchina
dei sogni” per poi via via svuotarsi di funzione e di senso. Morire proprio, perché
un cinema, un teatro, una biblioteca, qualsiasi spazio culturale muore una
volta destinato a qualcos’altro.
Son morti l’Ariston e
il Fiamma trasformati in una sala bingo e in un negozio di intimo, è morto l’Odeon
in attesa di chissà cosa e ultimo in città è morto - tre anni fa - il Cinema Santalucia,
di ieri la notizia della prossima demolizione del fabbricato che fu costruito
per accoglierlo. Un vero e proprio scempio come nelle ultime scene del film di
Tornatore che mostrano la distruzione della sala che aveva accolto le fantasie
del piccolo Totò e di Alfredo, il proiezionista divenuto cieco.
Già, quello del
Santalucia è uno spazio pensato, progettato, nato proprio come cinema, come
spazio di condivisione, si vedevano le foto del cantiere, con la strada ancora
sterrata, quando eri in fila al botteghino. Percepivi, guardandole, l’avventura
di chi l’aveva disegnato, realizzato, voluto, quel cinema. Direte, erano altri
tempi: il cinema attirava, la gente s’affollava, c’era mercato.
Sì, c’era anche
iniziativa, progetto, un’imprenditorialità che investiva scommettendo sulla
cultura. Oggi ciò non esiste, o quanto meno è cosa rara, nessun privato si
sognerebbe di investire denaro costruendo da zero un cinema. Ed è proprio per
preservare questa “particolarità”, che l’Amministrazione Comunale avrebbe il
dovere di rigettare il progetto presentato dalla società che in quel luogo vuol
costruire una palazzina con box, negozi e uffici. Certo, la memoria scolora,
passate le generazioni nessuno ricorderà cosa c’era lì, ma questa è una città
che non sa guardare se stessa, che non sa immaginarsi, glorifica il Barocco ma
non sa portare a valore il suo patrimonio architettonico più recente, quello
realizzato nel primo e nel secondo dopoguerra con l’allargamento della città fuori
le mura del centro storico. Il Cinema Santalucia è parte di quella storia come
lo è l’intero quartiere di Santa Rosa luogo di grande invenzione urbanistica,
dimenticato, reso laterale, periferia di non si sa cosa… O ancora, il Museo
Castromediano ospitato tra le mura dell’ex Collegio Argento completamente
ridisegnato negli anni settanta dall’architetto Franco Minissi, altro luogo di
cui presto scriveremo il necrologio. Storie “marginali”, che non contano nella
nostra città. Eppure storie importanti, vera leva di bellezza se solo si
volesse trovar bellezza.
I miei primi ricordi del Santalucia vanno indietro nel tempo, agli anni sessanta, quando il cinema era fatto di un’unica grande sala con la galleria che aveva una balconata di legno grigio. Una sala misteriosa, fumosissima, trasgressiva per chi la domenica era solito frequentare le matinée dell’Antoniano.
Il Santalucia era
altra cosa meta delle prime “visioni” in libertà, allontanandosi da casa, con
gli indiani, i cow boy, i gangsters e le prime “pruderie” con la paura che
qualcuno si sedesse a fianco con il cappotto sulle gambe per tentare toccamenti
o chissà che…
E poi i primi film guardati con consapevolezza, abbandonandosi alla bellezza del racconto cinematografico, con la voglia di non vederlo mai finire, il film. “Barry Lindon” di Stanley Kubrik, i “Duellanti” di Ridley Scott, momenti memorabili di abbandono, di profonda percezione creativa e creaturale; se il cinema ha senso nella sua arte è proprio nel suo potenziale rigenerativo dell’immaginario di chi guarda, da fermo, il movimento di una storia. Di una narrazione. Il Movie come esperienza totale da vivere “soli” e “insieme” al buio, nel guscio di una sala cinematografica.
Quante “cose” è stato il Cinema Santalucia, per quei tanti che hanno potuto godere delle programmazioni del Cineforum, uno dei migliori con cicli di proiezioni pensate da critici militanti e da veri cinefili. L’occasione di incontri, di condivisioni, di crescita comune per generazioni di persone che si sono succedute e confuse nella grande sala con le poltrone rosse. Momenti di mondanità sincera, di impegno misto alla gioia di poter godere di un bel film: che sensazione entrare, guardarsi intorno e sentire di dover salutare quasi tutti. Accadeva al Santalucia.
La multisala è venuta dopo, ennesimo momento di una storia lunga quanto i travagli della Vita del Cinematografo. Lì la straordinaria esperienza delle prime edizioni del Festival del Cinema Europeo con le full immersion in mondi sconosciti e in filmografie da digerire giorno dopo giorno. Memorie, ricordi che non avranno più un luogo, come non ebbe sala l’ultima proiezione realizzata all’esterno del Santalucia con un sit-in nei giorni della chiusura del cinema fu proposto “C’era una volta in America”. Già, c’era una volta… lo potremo presto dire passando da quell’angolo a San Lazzaro.
su La Gazzetta del Mezzogiorno di sabato 5 marzo 2016
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