martedì 13 dicembre 2011

Il Sud Sound System torna in teatro

Sono trascorsi dieci anni dal debutto di Acido Fenico, venti, dall'esordio del più vero “miracolo” salentino che memoria critica ricordi: l'avvento del Sud Sound System. All'epoca, i prima anni Novanta, la lunga terra di Puglia si fermava a Brindisi la mèta era la Grecia per chi s'avventurava a Sud. Noi qui, al riparo, godevamo (e un po' rosicavamo) la nostra beata “marginalità”. Sia chiaro non la interpretavamo come negativa, sapevamo d'essere con la “spina attaccata” e le “cose” del mondo ci appartenevano - eccome se ci appartenevano! Le “cose”, eravamo capaci di prefigurarle, di sentirle prima, di anticiparle in tendenze e in atti più o meno privati. Così è successo per tutto il Novecento e soprattutto dagli Ottanta in poi quando il “volano culturale” ha incominciato i suoi fruttuosi giri. Ma questa è un'altra storia... Intanto, la pancia di Papa Gianni è cresciuta e con quella la consapevolezza dei Sud Sound System di essere stati leva di più di una generazione di “figli”. La dance hall, la culla dove hanno trovato “accudimento” e valori espressivi. La mira alla natura, alla qualità del crescere. Il no convinto alla mafia, il "profondo" credere nell'amore ha prodotto un'autonomia autoriale e “comportamentale” che ha dato, nel corso del tempo, al territorio, valenze “inaspettate” e durature se messe in relazione con i legami, con la “tradizione” e con le mode. Anzi, meglio, è dalle “tradizioni” (quella salentina ma anche e soprattutto quella ragamuffin) che i giovanotti hanno trovato spunto per un radicale tradimento: per essere loro stessi.

Con loro il Salento ha conosciuto e s'è sposato una “jamaica” divenuta ricca di cantanti, di club, di dj set, traversata e travagliata da contaminazioni e sempre attenta ad allargare la scena. Tutto frutto di una ancora inesausta partenogenesi che, nell'esperienza originaria, trova linfa e leadership. (Ma anche questa è un'altra storia...).

“Acido fenico” torna in scena, questa la storia che la cronaca di questi giorni ci detta – vedremo – giovedì 15 e venerdì 16 ai Cantieri Teatrali Koreja - uno spettacolo diverso. “Ancora più duro” dell'edizione originaria, tessuta da Salvatore Tramacere su una partitura che porta la firma illustre del magistrato-autore Giancarlo De Cataldo. Una versione interpretata questa volta da Fabrizio Saccomanno attore-filosofo maestro nel con-fondere i toni narrativi a quelli più strettamente e intimamente interpretativi, e Mimmo Carunchio è personaggio intero, icona-macchietta del criminale “sacrista” che è impastato di crudeltà ma soprattutto di “boria”. Il disincanto è d'upo. Loro, i Sud sono il coro. Come quello dell'antica tragedia racconta l'intorno, il sentire comune, le passioni ma soprattutto le delusioni. Un coro “interprete” di una terra che sente l'ingombro del divenire, i suoi guasti e la nostalgia di quella “marginalità”, regale se paragonata ad un oggi che, maldestramente svuota, la natura per donarla al fotovoltaico. Non c'è più il Salento, nelle parole amare di Papa Gianni, che è agricoltore prima che cantante, non c'è più la campagna, il piacere di coltivarla. E' tutto donato alle parole, ai buoni proponimenti, ai grandi orizzonti retorici, ma la realtà è povera d'orgoglio. Mimmo Carunchio ha vinto? Forse sì, anzi, sì, s'è travestito cambiando modi alla sua boria, ha imparando le parole della “politica”... Noi abbiamo perso e con noi anche un poco il Sud Sound System.

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